“La critica letteraria di ogni Paese europeo, tranne quella italiana, rivendica per la propria nazione l’invenzione del romanzo. In realtà non è importante individuare la “paternità”, ma capire di cosa parlano i romanzi”. Questo il tema affrontato da Thomas Pavel in università in occasione dell’incontro di venerdì 17 novembre “What do novels speak about?”. Il titolo della conferenza è quello dell’articolo, non ancora pubblicato, presentato in anteprima a Verona da Pavel, docente della University of Chicago e uno dei maggiori esperti internazionali di teoria del romanzo. La lezione si inserisce nel percorso del “Seminario permanente sul romanzo” organizzato dai dottorandi della scuola di dottorato in Scienze umanistiche dell’ateneo.
Nei suoi lavori Pavel analizza le diverse manifestazioni del romanzo occidentale, dall’antichità greca al Novecento, con l’intenzione di studiare la “forma romanzo” nel suo complesso e farne uno strumento per leggere e rispondere ai problemi della contemporaneità . “Per la nostra scuola è importante la trasversalità dei saperi. Lo stesso vale per lo studio del romanzo, fra filologia, teoria della letteratura, lingue e culture straniere”, spiega Arnaldo Soldani, direttore della scuola di dottorato in Scienze umanistiche.
“Di cosa parlano i romanzi?”, si chiede Pavel con il suo ultimo articolo. “La risposta più semplice è quella di D.H. Lawrence: i romanzi parlano dell’uomo vivo, ovvero delle sue passioni e azioni. La risposta sembra così ovvia che spesso viene sottovalutata”. Con grande passione e punte d’ironia, lo studioso di origine romena ha introdotto il pubblico ai contenuti del suo saggio, attraverso continui richiami alle opere letterarie e ai giudizi della critica moderna.
“Leggiamo romanzi per contemplare e riconoscere la molteplicità della realtà che ci circonda”, ha affermato Pavel, convinto dell’importanza di essere reattivi ai sentimenti e alle emozioni suscitati dalla letture. “Leggendo “Persuasion” di Jane Austen ho riconosciuto i sentimenti e le decisioni dei personaggi come miei, come se li avessi conosciuti, dimenticati e riportati di nuovo alla memoria. Non li ho riconosciuti come miei in senso di “possesso”, bensì di cura e protezione, valori ben più importanti rispetto al possesso”.
Con queste premesse ci si chiede quindi se i personaggi vengano modellati dall’autore in base all’immagine di persone reali. “La risposta è sì, a volte, per certi versi”, ha detto Pavel sorridendo e lasciando aperta la questione. “Quando i personaggi vengono modellati sulla base di un ideale, c’è meno attenzione alla storia per dare visibilità a un carattere ideale, massime morali, vizi e virtù. In questi casi le storie vengono spesso ambientate in tempi, spazi e contesti sociali molto lontani dal lettore, per sopperire alle difficoltà di credibilità della storia”.