Comprendere le cause biologiche dell’eterogeneità clinica della leucemia linfatica cronica allo scopo di combattere efficacemente la malattia mediante lo sviluppo di strumenti diagnostici sempre più precisi e farmaci più selettivi e mirati. Questo lo scopo dello studio realizzato da un team dell’università di Verona, coordinato da Maria Teresa Scupoli del centro di ricerca Lurm, e pubblicato su “Blood”, la più prestigiosa rivista mondiale di Ematologia.
Lo studio è stato condotto su campioni di cellule leucemiche provenienti da 42 pazienti con leucemia linfatica cronica. I ricercatori hanno scoperto che i livelli dell’enzima catalasi, coinvolto nella detossificazione della cellula da specie reattive dell’ossigeno, sono collegati al diverso decorso clinico dei pazienti con leucemia linfatica cronica. In particolare nelle cellule leucemiche di pazienti con un decorso clinico più lento e meno aggressivo sono presenti più bassi livelli di questo enzima con una conseguente più lenta eliminazione delle specie reattive dell’ossigeno. Proprio l’accumulo di queste molecole nelle cellule leucemiche potrebbe essere responsabile di una più indolente crescita della leucemia e conferire un andamento meno aggressivo della malattia.
Hanno collaborato allo studio Chiara Cavallini e Ornella Lovato del Lurm, Roberto Chignola del dipartimento di Biotecnologie, Ilaria Dando, borsista della Fondazione Umberto Veronesi, e Massimo Donadelli della sezione di Biochimica del dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento, Giovanni Pizzolo già docente di Ematologia del dipartimento di Medicina, Carlo Laudanna della sezione di Patologia generale del dipartimento di Medicina, Omar Perbellini e Elda Mimiola della sezione di Ematologia del dipartimento di Medicina. Lo studio è stato realizzato con il finanziamento di Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona, Associazione Italiana Ricerca sul Cancro, programma Ricerca di base dell’università di Verona.
“I risultati di questo studio – spiegano i ricercatori – rappresentano un avanzamento importante nella comprensione dei meccanismi alla base dell’eterogeneità clinica nella leucemia linfatica cronica e forniscono un razionale per lo sviluppo di nuovi e più precisi strumenti diagnostici per la selezione dei pazienti e di terapie mirate a disattivare i circuiti di detossificazione da specie reattive dell’ossigeno nella cellula leucemica”.
La leucemia linfatica cronica è la forma di leucemia più frequente nel mondo occidentale con una stima di circa 2800 nuovi casi e 1800 decessi ogni anno in Italia. Poiché la sua incidenza aumenta con l’età (in circa due terzi dei casi colpisce persone oltre i 65 anni di età) la prevalenza e la mortalità associate a questa forma di leucemia sono destinate ad aumentare a causa delle variazioni demografiche della società nelle decadi a venire. Oltre agli effetti sull’attesa di vita, la leucemia linfatica cronica può avere profondi effetti sulla qualità della vita a causa dei sintomi associati alla malattia, agli effetti tossici delle terapie, all’impatto emozionale e agli effetti funzionali del convivere con una malattia incurabile. Nel loro insieme, queste caratteristiche rendono la leucemia linfatica cronica una malattia con un profondo impatto sociale. I risultati di questo studio possono avere future implicazioni nel miglioramento della gestione clinica e della qualità di vita dei pazienti.