Orientalisti, storici e linguisti si sono dati appuntamento a Verona per il primo workshop organizzato nell’ambito del progetto di ricerca Palac, Pre-classical Anatolian languages, finanziato per oltre 1 milione e 200 mila euro dall’Europa all’interno del programma Horizon2020.
Dal 21 al 22 febbraio, nell’auditorium del banco BPM, i maggiori esperti delle lingue e delle culture dell’antico Mediterraneo si sono riuniti, per discutere dei contatti e delle possibili influenze tra popoli e lingue del bacino del Mare nostrum dal 3000 a.C all’epoca romana.
“Siamo molto felici della partecipazione di tanti esperti e appassionati”, racconta Federico Giusfredi, docente di Storia del vicino Oriente antico in ateneo e coordinatore del progetto Palac. “Lo studio si rivolge all’Anatolia pre-classica, tra il XX e il IV secolo a.C., una macro-regione che coincide con l’odierna Turchia e alcune aree confinanti, come la Siria settentrionale. Era un crocevia di lingue, culture e popoli, a metà tra l’Occidente greco e la Mesopotamia, e le influenze anatoliche erano forti. Noi cerchiamo di rilevare dalle stranezze linguistiche quando e in che modo quei popoli (ittiti, della Mesopotamia, greci…) siano venuti in contatto tra loro. Lo possiamo fare attraverso gli strumenti linguistici che abbiamo: tavolette, iscrizioni, epigrafi, testi in codice cuneiforme o in geroglifico anatolico”. Ne deriva la conferma che quei mondi non fossero a sé stanti e diversi gli uni dagli altri, ma in contatto reciproco. “La sfida del mio progetto”, conclude Giusfredi, “consiste nell’usare il contatto tra lingue per indagare la geografia linguistica, storica e culturale di una delle aree più interessanti del mondo antico”.