Volgere lo sguardo alle realtà più difficili e conoscere situazioni in cui la guerra ha spento i colori del mondo. Colori che riaffiorano grazie all’impegno di uomini e donne che superando ogni frontiera operano per proteggere chi grida “aiuto”. Questa la missione di Medici Senza Frontiere, raccontata dalla mostra fotografica “L’ospedale di tutte le guerre. The hospital of all wars” che è stata inaugurata il 6 marzo nella Lente didattica della Scuola di Medicina e chirurgia a Borgo Roma. La mostra sarà visitabile fino al 5 maggio.
A cura di Medici Senza Frontiere, l’esposizione racconta la realtà della guerra attraverso gli scatti realizzati nell’ospedale di Chirurgia ricostruttiva ad Amman, in Giordania, dal fotografo Alessio Mamo e dalla giornalista Marta Bellingreri. Tra gli ospiti e i relatori anche Elda Baggio, docente di Chirurgia vascolare di ateneo con una lunga attività come chirurgo e operatrice umanitaria nei più rischiosi contesti di conflitto, tra cui Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Yemen, Iraq, Gaza e Siria. L’iniziativa è promossa dall’università e dal sistema bibliotecario di ateneo in collaborazione con la sede locale del Segretariato italiano studenti medicina e Studenti senza frontiere Verona.
“Perché si è arrivati ad avere un ospedale di tutte le guerre?” si è chiesta Elda Baggio, rivolgendo agli studenti, ai medici e ai cittadini che gremivano l’aula De Sandre la domanda attorno a cui ruota non solo la mostra, ma anche l’azione dei Medici senza frontiere che ogni anno partono per i Paesi più colpiti dai conflitti. “In Medio Oriente ci sono sette Paesi “hot spot”- ha aggiunto – ossia Yemen, Iraq, Syria, Somalia e Israele, che contano ben 244 movimenti armati, fra milizie e gruppi terroristici. I conflitti interni, come quello religioso fra musulmani sunniti e sciiti, provoca delle situazioni di disagio estremo, aggravate dal fatto che, nella maggior parte dei casi, a essere bombardati sono proprio gli ospedali. Questa scelta tattica consente di colpire un numero altissimo di persone, sia direttamente sia indirettamente, perché colpendo le strutture mediche si impedisce all’intera popolazione di accedere alle cure.”“Attraverso le immagini – ha continuato la docente, spiegando i propositi alla base della mostra – vogliamo riuscire a trasmettere i sentimenti e le sensazioni che non possono essere veicolati solo con le parole. Le foto ci parlano delle malattie, della povertà e della fame molto meglio di quanto potrebbe fare qualunque discorso.”
Giovanni Di Cera, coordinatore della sezione di Verona di Medici senza frontiere, ha raccontato della nascita del gruppo di medici veronese, della collaborazione con la Scuola di Medicina e chirurgia di ateneo e dei motivi da cui è scaturita l’iniziativa della mostra fotografica: