Le celle solari in silicio hanno dominato finora il mercato fotovoltaico, se pure con notevoli costi di produzione. Un modo per ridurre tali costi è stato introdurre l’utilizzo di pannelli a film sottile a tecnologia flessibile, ossia realizzati posando le celle fotovoltaiche sopra un foglio molto sottile. Quali sono gli sviluppi di queste celle solari a film sottile? Lo studio “Flexible CIGS, CdTe and a-Si:H based thin film solar cells: A review”, pubblicato sulla rivista scientifica Progress in Materials Science, ha indagato i progressi della tecnologia su diverse tipologie di fogli flessibili – vetro, lamina di metallo, carta – e lo scenario di possibile applicazione futura.
La ricerca è stata condotta da un team internazionale a cui ha collaborato l’università di Verona con Alessandro Romeo, docente di Fisica applicata al dipartimento di Informatica, ed Elisa Artegiani, ricercatrice. Coinvolti nello studio l’IBM Research Center di New York, il National Physical Laboratory di New Delhi, il dipartimento di Fisica dell’Indian Institute of Technology di Madras (India), e il dipartimento di Electrical Engineering and Computer Science della A&M University Kingsville, Texas.
“I film sottili, di cui sono composti queste celle solari, vengono realizzati con spessori di qualche micron, con il risultato di avere dei dispositivi poco più grandi di una vernice. Depositati su substrato flessibile diventano dei fogli leggerissimi e facilmente ripiegabili”, spiega Alessandro Romeo. “Attraverso il lavoro congiunto di laboratori internazionali, tra cui l’IBM di New York, lo studio mostra le potenzialità delle celle solari flessibili a film sottile. La bassa temperatura di deposizione e l’alta velocità di fabbricazione permettono una produzione a basso costo e direttamente su supporto flessibile”.
“Nel laboratorio di Verona sono state realizzate e comparate celle su vetro rigido, su polimero e su vetro ultrasottile flessibile dimostrando come sia possibile realizzare dispositivi flessibili con efficienze comparabili con quelli rigidi” osserva Romeo. “Inoltre è stato studiato come il fenomeno di ripiegatura del modulo modifichi la struttura cristallina dei semiconduttori che compongono la cella, dimostrando come sia possibile limitare lo stress di tensione e compressione della disposizione ordinata degli atomi della struttura”.
“Al momento, le grandi produzioni da energia solare sono realizzate con grossi impianti a terra che implicano un rilevante impatto ambientale. A fronte di questo, è già stato dimostrato quanto l’area delle facciate e dei tetti sia sufficiente per fornire buona parte dell’energia: per raggiungere l’obiettivo di 50 terawattora all’anno in Italia è infatti sufficiente utilizzare il 2,5% dell’area già ricoperta da edifici”, evidenzia Romeo. “In quest’ottica, le celle solari flessibili permettono una perfetta integrazione nei palazzi, una notevole riduzione del peso e una riduzione dei costi di installazione, rivoluzionando la produzione di energia solare. Il risultato sono costruzioni energeticamente autosufficienti, a bassissimo impatto ambientale e ad alta qualità architettonica, dove la produzione energetica viene spostata da grandi impianti ad alto impatto a micro-produzioni con quasi-zero impatto ambientale”.