Si stanno per concludere dodici mesi molto particolari che hanno visto il mondo intero colpito da una pandemia globale; un virus che ha messo -e mette purtroppo ancora- in difficoltà sistemi interi compreso quello accademico, che però non si è mai fermato. Il settore degli eventi ne ha risentito moltissimo. Gli eventi sono sempre stati, infatti, strategici per gli atenei che cercano con essi di divulgare verso l’esterno quanto sta dentro, nelle aule, studi e laboratori, riversando, quindi, saperi e conoscenze sulla città e il territorio.
Nonostante l’emergenza sanitaria e nonostante le distanze fisiche anche Univerona ha tenuto il passo e con alcuni progetti come il cartellone di eventi “Diffusioni” (link a https://www.univr.it/diffusioni ) – ricco e attivo fino alla fine di dicembre e per poi riprendere da febbraio 2021 – ha saputo mantenere un legame con il pubblico, fuori dalle aule anche quelle virtuali.
Su questo e altro, abbiamo fatto due chiacchiere con Olivia Guaraldo, docente di filosofia politica e delegata del Rettore al Public Engagement, termine che – insieme a ricerca e didattica – completa le missioni prioritarie degli atenei.
L’ateneo nonostante il periodo di emergenza sanitaria non ha mai smesso di mantenere il legame con la città e il territorio scegliendo di proporre eventi online grazie anche al cartellone “Diffusioni”. Quale è lo spirito con cui l’ateneo lavora su questo legame?
Fin dall’inizio della nuova governance, da ottobre 2019, abbiamo concentrato i nostri sforzi sulla necessità di tessere legami più forti con la città, sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista sociale, senza ovviamente tralasciare quello economico e imprenditoriale. L’idea che ci ha guidato è che l’Università di Verona non dovrebbe essere vista solo come un’università della città, ma anche come un’università per la città. Non solo, quindi, un luogo del sapere situato in un territorio urbano, ma un luogo del sapere che possa dialogare costantemente con quel territorio e con i suoi notevoli patrimoni storici, culturali, sociali. Anzi, il nostro sogno sarebbe di fare di Verona a tutti gli effetti una città universitaria, una città riconosciuta in Italia e nel mondo non solo per l’Arena o per la Casa di Giulietta, ma anche per la sua università.
La pandemia ha rallentato questo progetto, purtroppo, però prima che tutto si bloccasse abbiamo potuto avviare collaborazioni proficue con il Comune, con le molte realtà culturali del territorio, con le sue preziose risorse dell’associazionismo e del volontariato sociale. Le iniziative online del cartellone Diffusioni, iniziate ad aprile e tutt’ora in corso, sono la testimonianza che, nonostante tutto, l’Università lavora a intensificare il suo rapporto con la città, il territorio, i diversi mondi extra-accademici, che sono molti, vivaci e attivi, e guardano all’ateneo con grande e rinnovato interesse.
“Diffusioni” rilancia in un unico cartellone conferenze ed eventi digitali sui temi più vari che rilanciano le varie sfaccettature del lavoro di ricerca scientifica interna all’ateneo. Quale è, dunque, l’obiettivo strategico di questa operazione?
L’obiettivo strategico è far uscire il sapere dalla cosiddetta torre d’avorio della cittadella universitaria, smentendo una concezione, ormai superata, che l’accademia sia un luogo estraneo alla realtà di tutti i giorni, lontano dal senso comune, abituato a linguaggi astrusi e incomprensibili. Spesso questi pregiudizi – come tutti i pregiudizi, del resto – derivano da una mancanza di conoscenza reale di ciò che l’università nel Terzo millennio rappresenta e soprattutto fa.
“Diffusioni” – che ha come sottotitolo ‘l’Università incontra la città’ è stato pensato proprio con lo scopo di far conoscere alla città le molte ricerche che si conducono nei vari dipartimenti – dall’economia alla medicina, dall’informatica alle biotecnologie, dalla storia alla giurisprudenza, dalla politica alla filosofia, all’arte, alla letteratura. Recenti studi hanno messo in evidenza come il sapere prodotto dagli atenei può avere un ruolo cruciale nel rendere la società un luogo migliore, più informato, inclusivo e sostenibile, in tutti i sensi. Si tratta solo di trovare il modo di costruire un ponte fra i saperi specifici, le competenze tecniche e il linguaggio comune: obiettivo non semplice ma a cui il cartellone “Diffusioni” strategicamente punta. La sfida è appena iniziata.
Si spera a breve di tornare a vivere gli eventi dal vivo, cosa ha insegnato alla comunità universitaria questa lunga parentesi, ancora purtroppo non conclusa, di eventi in forma virtuale?
Innanzitutto ci ha insegnato che gli strumenti informatici sono indispensabili e lo saranno sempre di più in futuro, trasformeranno il modo in cui il sapere viene prodotto – in realtà già lo fanno da tempo, con le innumerevoli risorse digitali che utilizziamo quotidianamente per il nostro lavoro – e soprattutto diffuso, veicolato a pubblici più ampi di quelli strettamente accademici. Nelle molte iniziative di “Diffusioni” abbiamo visto un’ampia partecipazione, a volte superiore a quelle degli eventi simili che precedentemente facevamo in presenza. Certo a tutti noi mancano gli eventi in ‘veri’, il contatto, la discussione, la condivisione dei nostri spazi universitari con la cittadinanza.
Questo ha un valore inestimabile, proprio per quanto dicevo prima. Speriamo di poter al più presto riprendere con iniziative in presenza, ma sicuramente la modalità on-line rimarrà, e penso che ci abitueremo ad avere eventi realizzati anche in forma mista, cioè con interventi in presenza e da remoto per un unico evento. Pensiamo infatti a quanto sia prezioso poter avere ospiti stranieri in collegamento on-line per eventi realizzati nelle nostre bellissime aule, già molto ben attrezzate con maxi-schermi e computer.
Queste attività rientrano nella cosiddetta Terza Missione – e nello specifico Public Engagement- di un ateneo, che insieme a Didattica e Ricerca, concorre a completare il profilo identitario di una università. Verona come si porrà in futuro sotto questo aspetto?
La Terza Missione – ossia il ruolo pubblico dell’Università oltre la didattica e la ricerca, che sono le prime due missioni di ogni istituzione accademica – ha per questa governance un ruolo strategico, tanto che il Magnifico Rettore ha voluto due delegati per questa importante missione. Un delegato che si occupa del trasferimento tecnologico e dei rapporti con le realtà produttive del territorio e un delegato – o meglio una delegata, che sono io – che si occupa del Public Engagement, ossia dell’impegno pubblico dell’Università verso la società, detta in maniera semplice. Crediamo molto in questo ruolo dell’Università nella sfera pubblica, soprattutto in un momento storico come questo, di grandi trasformazioni e di crescente complessità. I cittadini e le cittadine sono curiosi ma anche disorientati, in un mondo ad alta produzione mediatica che però è spesso sensazionalistica, con una vocazione alle fake-news e al disprezzo delle verità fattuali. L’università, ne sono convinta, può contribuire a rendere cittadine e cittadini più adeguatamente informati, più consapevoli e quindi più pronti ad affrontare le sfide del futuro.
Tiziana Cavallo