Ricercatore dal profilo internazionale, esperto di virologia molecolare, attualmente impegnato nella ricerca contro il nuovo SARS-CoV-2, il virus responsabile del Covid-19. Donato Zipeto, docente di Biologia molecolare in ateneo ha ricevuto il premio Docente dell’anno del corso di laurea in Medicina e chirurgia 2020.
“Professore, qual è il suo campo di studio?”
Insegno Biologia molecolare nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia e Basi di virologia e Terapia genica nel corso di laurea in Biotecnologie, oltre a corsi su zoonosi e virus emergenti e su HIV/AIDS per la Scuola di dottorato e di specializzazione.
Ho svolto la mia attività di ricerca presso il CNR di Pavia, alla Stanford University, all’Istituto Pasteur di Parigi e all’IPBS-CNRS di Tolosa prima di arrivare a Verona come ricercatore nel 2002. I miei attuali interessi di ricerca includono Genome editing mediante CRISPR/Cas9 eVvirologia molecolare, in particolare lo studio delle interazioni fra proteine retrovirali e cellulari, lo studio del ruolo delle infezioni virali nelle malattie neurodegenerative e, di recente, lo studio del nuovo SARS-CoV-2.
“Un breve racconto della sua attività di didattica e sul rapporto che ha avuto con le sue studentesse e studenti durante la sua carriera.”
In questi anni ho cercato di instaurare un rapporto aperto e sincero con gli studenti, stimolandoli a porsi domande, a chiedersi il perché delle cose e dei fenomeni, a non accettare passivamente tutto ciò che viene loro detto, ma ad acquisire strumenti e senso critico, perché la scienza è in continua evoluzione, è continuo aggiornamento, e risponde ai dati e ai risultati degli esperimenti e non al “principio di autorità”.
Proprio per questo mi è capitato a volte di ricevere da parte degli studenti qualche domanda che mi ha messo in difficoltà, ma più il quesito è complesso – o particolare o tocca aspetti nuovi e fuori dagli schemi – più la cosa mi fa piacere, perché mi mostra che questi ragazze e ragazzi stanno imparando ad andare avanti in maniera autonoma. Penso che questo contatto sia molto importante per un docente, che proprio da questo rapporto con gli studenti impara a migliorarsi.
Mi manca molto il contatto diretto in questo periodo di distanziamento causato dalla pandemia in corso, distanziamento che preferisco chiamare “fisico” e non “sociale”. Mai come questo anno ne ho sentito la mancanza, così come della possibilità di interagire personalmente con loro e vederli crescere lezione dopo lezione. La modalità di docenza telematica in diretta rispetto alla registrazione delle lezioni sopperisce, almeno in parte, a colmare questo distacco, perché il rapporto fra docenti e discenti, quando si ha la fortuna di essere seguiti da studenti attenti e motivati, ha qualcosa di unico e di speciale.
E mi fa ogni volta molto piacere, magari dopo anni, incontrare nei corridoi del nostro Policlinico o in occasione di qualche visita medica, un giovane medico che mi riconosce appellandomi con un: “Buongiorno prof.” e ricordandomi di essere stato un mio studente. È motivo di grande soddisfazione, soprattutto per un docente come me che li incontra ancora molto giovani al secondo anno del loro lungo percorso di studi, vedere che sono riusciti a realizzare i loro sogni e le loro aspettative, sono diventati dei bravi, capaci e apprezzati professionisti, orgoglioso di aver contribuito nel mio piccolo alla loro formazione, assieme al lavoro di tanti altri colleghi.
“Una dichiarazione sul significato di questo riconoscimento.”
È un piacere e un onore ricevere questo riconoscimento e condividerlo con colleghi che stimo ed apprezzo.
Ringrazio, Corrado Barbui, direttore del corso di laurea in Medicina e Chirurgia per questa inattesa ma gradita iniziativa, che finalmente per la prima volta nel nostro Aaeneo riconosce anche all’attività didattica una sua importanza e dignità, didattica che purtroppo è stata marginalizzata dalle riforme dell’ultimo decennio che considerano e valorizzano professionalmente esclusivamente le attività di ricerca. In fondo, ci chiamiamo “professori” perché insegniamo, non siamo solo dei ricercatori.
“Ci racconti un episodio a cui è particolarmente legato.”
Sono entrato a far parte dell’ateneo di Verona nell’ormai lontano 2002, rientrando in Italia dopo oltre un decennio all’estero, come ricercatore nel gruppo del compianto professor Umberto Bertazzoni, purtroppo mancato pochi mesi fa, all’epoca titolare della cattedra di Biologia molecolare nel nostro ateneo.
Fondamentali sono stati il suo esempio e le sue “dritte” non solo nel campo della ricerca ma anche dell’insegnamento, affidandomi nel tempo con grande fiducia la conduzione di alcune lezioni nel suo corso di Biologia molecolare a Medicina, in particolare sulle tematiche più recenti e in rapido sviluppo, e spingendomi a proporre autonomamente dei corsi legati ai miei interessi di ricerca sui virus.
Ricordo con piacere e nostalgia, potrà sembrare strano, anche le lunghe sessioni di esame, nelle quali mi ha insegnato ad accompagnare gli studenti nelle loro esposizioni, venendo loro incontro, senza mai alzare la voce e senza mai un gesto di stizza anche nei confronti di chi era palesemente impreparato, ma mantenendo sempre un atteggiamento di grande vicinanza, spingendoli a fare sempre meglio. Ed ora che da oltre 10 anni ho preso il suo posto, ho cercato di mantenere questo spirito e questa impostazione. Ho imparato nel tempo ad apprezzare il piacere dell’insegnamento, di trasmettere conoscenze, stimolando gli studenti a ragionare, a porsi domande, a “raccogliere il testimone”, svolgendo la mia attività didattica con lo spirito, come dico a volte ad inizio corso, non di “riempire un secchio”, ma di “accendere un fuoco”.
Questo riconoscimento ovviamente mi fa molto piacere e vorrei poterlo dedicare a Umberto, sono sicuro che lo avrebbe reso molto orgoglioso.
Ogni anno mantengo la tradizione, da lui iniziata e da me continuata, di una “foto ricordo” alla fine dell’ultimo giorno di lezione con tutti gli studenti, richiesta che inizialmente li sorprende sempre ma alla quale poi partecipano con grande entusiasmo e affetto.