Cambiare antipsicotico o ridurre la dose in corso possono essere strategie valide per prevenire le ricadute e garantire, allo stesso tempo, una migliore tollerabilità del trattamento in individui affetti da disturbi dello spettro della schizofrenia? Ad approfondire le conoscenze su queste scelte terapeutiche è lo studio “Continuing, reducing, switching, or stopping antipsychotics in individuals with schizophrenia-spectrum disorders who are clinically stable: a systematic review and network meta-analysis”, condotto da un team di esperti diretto da Giovanni Ostuzzi, ricercatore in Psichiatria del Dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento e pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet Psychiatry.
I disturbi dello spettro della schizofrenia possono avere un andamento cronico e recidivante in oltre la metà dei pazienti ed è importante identificare strategie per prevenire le ricadute. Le linee guida attuali, tuttavia, raccomandano semplicemente di proseguire il trattamento antipsicotico che ha funzionato nella fase acuta di malattia, e che è spesso associato a problemi di tollerabilità che potrebbero ridurre l’aderenza alle cure e la qualità della vita degli individui in trattamento.
“Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di dimostrare se cambiare antipsicotico o ridurre la dose in corso possano essere strategie valide per prevenire le ricadute – spiega Ostuzzi – e garantire allo stesso tempo una migliore tollerabilità ai trattamenti”. La ricerca, condotta con la metodologia della meta-analisi network, ha mostrato che sia continuare l’antipsicotico a una dose standard (ovvero quella efficace nella fase acuta), sia sostituirlo con un altro antipsicotico, sono similmente efficaci nel prevenire le ricadute di malattia. “Sebbene anche ridurre il dosaggio possa in una certa misura ridurre il rischio di ricaduta rispetto alla sospensione dello stesso – aggiunge il ricercatore – questa strategia si associa ad un rischio significativamente più alto rispetto a continuare alla dose standard o sostituire l’antipsicotico”.
Si tratta di un importante risultato per l’equipe scaligera visto il gran numero di pazienti, la mole di studi analizzati e la visibilità data dalla pubblicazione sulla prestigiosa rivista di settore The Lancet Psychiatry, che fornisce ai risultati della ricerca una grande credibilità che, secondo gli autori, dovrebbe supportare l’aggiornamento delle linee guida di trattamento di lungo termine per i pazienti con disturbi dello spettro schizofrenico.
Lo studio, che ha avuto Ostuzzi come primo autore, ha coinvolto anche Giovanni Vita, Federico Bertolini, Federico Tedeschi, Beatrice De Luca, Chiara Gastaldon, Michela Nosé, Davide Papola, Marianna Purgato e Corrado Barbui, oltre ad alcuni illustri ricercatori provenienti da università estere, in particolare Cinzia Del Giovane (Università di Berna) e Christoph U. Correll (Università Charité di Berlino).