È in corso la nuova campagna di scavi a Tarquinia, a cui partecipano numerose studentesse e studenti, dottorande e dottorandi dell’università di Verona, diretta da Attilio Mastrocinque, docente di Storia romana, coadiuvato dalla dottoressa di ricerca di ateneo Fiammetta Soriano.
Le indagini si stanno focalizzando sull’ala occidentale del foro romano, scoperto grazie alle prospezioni geofisiche poco a sud dell’Ara della Regina. Come l’ala opposta, indagata l’anno scorso, anche questa risulta profondamente spogliata in epoca tardo-imperiale e stanno affiorando resti di case tardo-repubblicane, sopra le quali è stato poi edificato il foro. A ridosso del muro di fondo del foro è apparso un emiciclo in opera reticolata, vale a dire cemento con un bel paramento esterno in blocchetti di pietra. A fianco di questa struttura è venuto alla luce un tratto di strada basolata, che prosegue, a ridosso del foro, con blocchi ben squadrati, forse la base di un monumento.
Lo scavo è proseguito anche nella cosiddetta domus del Mitreo che, in realtà, non risulta essere una casa privata, ma la sede di attività produttive e commerciali. La notevole quantità di scorie di ferro, di strutture lavorative, di zone interessate dal fuoco fanno pensare che si trattasse della sede dei fabbri, forse del loro collegio professionale. La strutturazione di questo complesso di ambienti, stanze e pozzi, fu concepita nel II secolo a.C. e la sua vita continuò fino alla tarda antichità.
Nelle precedenti campagne si sono trovati molti pesi da bilancia, fino a 100 libbre, circa 32 kili, che certamente servivano per prodotti molto pesanti. In una cisterna collassata in antico è venuta in luce una piattaforma in grossi blocchi di pietra, dalla quale parte una serie di canalette, delle quali una è dotata di un tubo in piombo e una di tubo in terracotta. Grazie agli scavi dell’università di Verona si cominciano a conoscere le infrastrutture che servivano allo smaltimento dei liquidi oppure alla captazione delle acque piovane, si trattava di un sistema sapiente che permetteva di fare a meno di un acquedotto, come ai tempi della Tarquinia etrusca.