Una riflessione a tutto tondo sulle attività motorie, come veicolo di crescita personale e professionale, è stata al centro del seminario “Io vengo dallo sport”, organizzato dall’università di Verona, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e da Sport e salute, che si è tenuto nella mattina di mercoledì 30 novembre. L’incontro è stato occasione per presentare il modulo didattico “Sport e Integrazione”, riservato alle studentesse e gli studenti dei corsi di laurea magistrale in Scienze motorie.
Attraverso l’incontro, moderato dall’ex nuotatrice Cristina Chiuso, alla presenza di Federico Schena, delegato del Rettore alla Didattica e allo Sport, di Salvatore Sanzo per Sport e Salute e di Mariantonietta Cortese, in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le studentesse e gli studenti hanno potuto conoscere i temi che verranno affrontati durante il corso che la docente Francesca Vitali terrà al primo anno dei corsi di laurea magistrale in Scienze motorie, iniziando così un percorso di riflessione che riguarderà il ruolo dello sport come veicolo di inclusione e innovazione sociale. A questi interventi, si è aggiunto contributo di Marianna Purgato, docente di ateneo di Psichiatria, che ha presentato una relazione su come le attività motorie e sportive possano promuovere il benessere e la qualità della vita per migranti e richiedenti asilo.
In particolare, le testimonianze di Josè Reynaldo de Bencosme, velocista delle Fiamme Gialle, e di Paolo Pensa, presidente dell’Asd “Le Tre Rose” di Casale Monferrato, hanno contribuito a sottolineare l’importanza dell’allenatore/allenatrice come figura cruciale nella gestione dei gruppi multi-culturali e nella valorizzazione dello sport come terreno di incontro, dialogo, confronto e contrasto alle discriminazioni.
Secondo Josè Reynaldo de Bencosme “lo sport è tra i più potenti strumenti d’integrazione che abbiamo a disposizione poiché riesce a mettere in comunicazione persone di diversa provenienza, lingua ed etnia attraverso una passione comune. Sono particolarmente contento di avere potuto raccontare oggi la mia esperienza a chi domani avrà il privilegio di essere un tecnico, una tecnica. L’allenatore per me è come un genitore, che ti accompagna da quando sei bambino sino all’età adulta”.
“L’esperienza di integrazione attraverso il rugby delle Tre Rose Rugby è iniziata quasi per caso quando, nella stagione 2014-2015, la cooperativa Senape di Casale Monferrato mi propose di coinvolgere i primi tre richiedenti asilo nelle nostre attività” ha dichiarato Paolo Pensa. “Da lì è nata l’idea di formare una squadra che partecipasse al campionato federale di serie C, composta negli anni fino all’80% da migranti, sempre nel tentativo di dare concretezza a quanto ci ha insegnato Nelson Mandela: lo sport può creare speranza laddove prima c’era solo disperazione”.
“Il seminario ci ha dato l’opportunità di compiere una riflessione quanto mai necessaria e attuale su come le attività motorie e sportive possano configurarsi come contesto di dialogo, inclusione e promozione della cultura della pace” ha sottolineato Francesca Vitali, ricercatrice del Dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento di Univr. “Valori questi richiamati dal primo capitolo della Carta olimpica ma che per realizzarsi necessitano di aspetti educativi, presenza di dirigenti sportivi, allenatori ed educatori che decidano di occuparsi in modo serio e di utilizzare il potenziale educativo ed inclusivo dello sport e delle attività motorie”.