Che Amantine Aurore Lucile Dupin, per matrimonio baronne Dudevant, sia stata un personaggio eclettico lo si può intuire dal fatto di aver scelto “George Sand” come nome d’arte. L’adozione di uno pseudonimo maschile, l’abbigliamento androgino, la sua vita turbolenta e il suo attivismo femminista l’hanno resa una figura controversa nel panorama letterario francese dell’Ottocento. La sua storia e le sue opere sono tornate oggi di grande attualità grazie anche alla recente pubblicazione di George Sand. Una gioia senza paure che raccoglie estratti del suo vasto epistolario composto da 18mila lettere.
Per conoscere meglio la scrittrice abbiamo intervistato Laura Colombo, già docente di Letteratura francese del dipartimento di Lingue e letterature straniere Univr e grande studiosa del mondo di Sand.
Professoressa Colombo, per quale motivo George Sand è stata così influente nel contesto letterario del 19esimo secolo?
Agli inizi dell’attività letteraria di George Sand (dal 1830), in francese non esisteva un termine per indicare una “scrittrice”, se non genericamente “femme de lettres”, che ben rispecchiava tra l’altro l’unico tipo di scrittura veramente apprezzato nelle donne, quella appunto della corrispondenza, nell’ombra del suo salotto. All’uomo la mente e la creazione, alla donna il cuore e la procreazione, era lo stereotipo, soprattutto quando nel campo editoriale la presenza di scrittrici rischiava di sottrarre agli uomini parti di mercato e guadagni. La firma femminile, che peraltro comportava obbligatoriamente il cognome del marito, era dunque scarsamente valutata. Da qui lo pseudonimo preso da Aurore, con l’abbreviazione del cognome di un collega, e il nome maschile che però si contraddistingue con l’elisione dell’ultima s. E il primo romanzo di George Sand, Indiana, ha subito un grande successo, stupendo addirittura i lettori per la sua capacità di penetrazione della psiche femminile, prima che si scoprisse il sesso dell’autore. Ma sempre, l’esigenza di essere chiamata écrivain – tra Baudelaire che la critica ma in un’occasione si ispira anche a lei, e Flaubert che la chiama chère maître, cara maestro, il femminile maîtresse essendo ovviamente impossibile dal punto di vista della ‘pubblica moralità’ – accompagna la sua conquista di una reputazione e di una influenza che si consolidano nel tempo, attraverso la fitta rete di contatti letterari e politici, e che aprono la strada a tutte le scrittrici dell’Ottocento, che con lei si rapportano costantemente, e che possono poi, negli ultimi anni del secolo, rivendicare anche il loro nome di donna.
Quali sono, a suo avviso, le caratteristiche che la rendono ancora oggi una scrittrice moderna e un riferimento per le politiche femministe?
La sua vastissima opera comprende più di 150 romanzi, sulla condizione della donna, in particolare nel matrimonio, sulla donna artista, sulle classi popolari e gli ambienti rurali, fino alle collaborazioni a giornali repubblicani e a una monumentale autobiografia, Histoire de ma vie, anch’essa eccezionale produzione da parte di una donna.
Le recenti ripubblicazioni in Francia, dalle case editrici ‘femministe’ alle edizioni tascabili o alla prestigiosissima collana della Pléiade, ai 25 volumi della corrispondenza e all’edizione delle Opere complete in corso, sono il segno di un ‘recupero’ che la rendono un modello ancora oggi. Tre parole forse possono riassumere la sua immagine di scrittrice: vocazione, volontà e resistenza. La sua identità pseudonimica costituisce la sua prima ‘creazione’ letteraria, che si fa eco, con risultati di grande pregnanza estetica, di diverse problematiche femminili e sociali e soprattutto di una ricerca di libertà, indipendenza e autonomia, anche economica. Quello che la contraddistingue non è tanto la ‘lotta’, che aveva rifiutato come tale nel 1848, ma la lezione di autoconsapevolezza femminile: non tanto la protesta pubblica, la contrapposizione tra uomini e donne, ma la rivendicazione e indubbia affermazione di un’uguaglianza che non vuol dire sovrapponibilità, ma pari dignità, nelle particolarità di ciascuno.
Questo è secondo me il riferimento più importante anche per le nostre giovani generazioni, ed è l’esempio seguito, nella nostra Università, dalla rimpianta professoressa Annarosa Poli, che ha arricchito la nostra biblioteca di numerosi lavori di e su George Sand, e che ha voluto creare la Fondazione “Annarosa Poli – George Sand e il mondo”, con sede a Verona.
Sara Mauroner
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