Il tempo non è uno solo e soprattutto la sua percezione può essere distorta con facilità. Questa la tematica principale attorno alla quale si sono innestati gli interventi di Domenica Bueti, ricercatrice del Politecnico univesitario di Losanna, Maria Concetta Morrone, neuroscienziata dell'università di Pisa e Francesca Frassinetti, docente dell'università di Bologna, durante l’appuntamento di Infinitamente “Il tempo nella mente e nel cervello”. Ad introdurre l’incontro Leonardo Chelazzi, docente di neurofisiologia dell’ateneo e a coordinarlo Silvia Bencivelli, giornalista scientifico.
Il modello del tempo distribuito. Il tempo domina la realtà, dai ritmi biologici alla musica e al linguaggio, e connota gli eventi di significato. In che modo i meccanismi neurofisiologici elaborano il tempo? Bueti ha illustrato l’ipotesi del tempo distribuito, supportandola con i dati empirici raccolti. "Nel cervello ci sarebbero molteplici aree e circuiti orologio, una per ogni stimolo sensoriale, connesse con i relativi organi di senso – ha osservato la Bueti nell'ambito di una ricerca tutt'ora in corso – Ciò spiegherebbe perché siamo più bravi a discriminare la durata del suono piuttosto che delle immagini e perché teniamo a mente meglio durate di stimoli sensoriali diversi che dello stesso tipo".
Elaborazione visiva e uditiva. “Diverse modalità sensoriali lavorano su scale di tempo diverse – ha approfondito Morrone – nello spazio la differenza tra l’elaborazione temporale visiva e quella uditiva cambia. L’orologio specifico degli stimoli visivi si adatta in funzione al contesto nel quale lo stimolo è inserito, comprimendosi intorno al valore medio; al contrario quello uditivo non subisce l’influenza dell’ambiente circostante. Un’interessante osservazione riguarda la categoria dei batteristi: in contraddizione rispetto a quanto appena detto questi misurano con precisione la durata di uno stimolo visivo senza essere ingannati dal contesto."
Posizione spaziale e durata. La percezione del tempo è influenzata e distorta dalla posizione spaziale di uno stimolo visivo. Frassinetti lo ha provato con una dimostrazione pratica di fronte al pubblico, avvalendosi di lenti prismatiche. Con questo strumento ha spostato l’attenzione spaziale di una volontaria e le ha permesso di adattarsi al nuovo campo visivo. Come risultato dell’esperimento ha rilevato una stima di durata temporale più corta se lo stimolo è posto sulla sinistra del campo visivo. “La scoperta è utile per i pazienti che in seguito ad una lesione cerebrale non rappresentano la parte sinistra – ha concluso Frassinetti – e di conseguenza percepiscono il tempo in modo distorto.”