È di estrema attualità il tema della tutela della salute nei migranti, in particolare per quanto riguarda la loro salute mentale. Si stima, infatti, che circa il 40% di questa popolazione sia colpita da alcuni problemi psicologici, tra cui il disturbo da stress post traumatico, la depressione e i disturbi d’ansia. Nasce da qui il progetto Redefine, Refugee Emergency: DEFining and Implementing Novel Evidence-based psychosocial Interventions, finanziato dalla Comunità europea con quasi 3 milioni di euro, all’interno del programma comunitario Horizon 2020.
L’ateneo scaligero è coordinatore del progetto, che avrà durata triennale e vede coinvolti altri 9 partner internazionali: World health organization (Svizzera), Stichting Vu (Olanda), Medizinische universitaet Wien (Austria), Istanbul Sehir Universitesi (Turchia), Universitaet Ulm (Germania), Danisk Rode Kors (Danimarca), Turun Yliopisto (Finlandia), University of Liverpool e University of York (Regno Unito).
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