È stato un lunedì nero per le Borse, con Wall Street che ha toccato il punto più basso da oltre 30 anni nella seduta del 16 marzo. L’effetto Coronavirus fa crollare la fiducia dei mercati e si cerca di correre ai ripari, pur nell’incertezza. Giam Pietro Cipriani, direttore del dipartimento di Scienze economiche dell’ateneo scaligero, prova a tracciare un quadro di quello che ci potrebbe aspettare, una volta superata l’emergenza sanitaria.
Effetto Coronavirus, crollano le Borse, quali ripercussioni ci saranno a livello Europeo? E per l’Italia in particolare?
Le borse hanno reagito e continuano a reagire in modo molto violento. Per quanto riguarda l’Italia l’indice Ftse Mib ha perso quasi il 40% negli ultimi 30 giorni ed è arrivato a perdere il 17% in un solo giorno la settimana scorsa. Ma anche le altre Borse hanno registrato un forte calo, nonostante i recenti interventi delle banche centrali. Ma non è tanto o solo questo calo che preoccupa quanto l’estrema volatilità delle Borse, cioè il fatto che vi sono forti oscillazioni nei listini fra una seduta e l’altra ma anche durante la stessa seduta. Per fare un esempio, nella sola seduta di oggi (lunedì 16 marzo), il titolo Ferrari è stato scambiato ad un prezzo che è oscillato del 10% fra il massimo e il minimo, oppure Unicredit del 13%. Questo significa che c’è moltissima incertezza sui mercati, cioè che i professionisti che vi operano non hanno idea di quello che accadrà. In altri termini, le borse ci dicono che c’è un grosso problema ma che l’esatta misura del problema è ancora ben lontana dal poter essere determinata.
Quanto potrà costare in termini economici questa pandemia?
Si tratta di un evento davvero eccezionale. Disastri naturali come terremoti o uragani hanno effetti sempre locali e temporanei. Dopo il disastro c’è la ricostruzione e poi l’economia, se già prima era solida, torna rapidamente a crescere. Qui il problema è su scala mondiale e non è chiaro quanto possa durare. Una recessione mondiale appare molto probabile e Paesi che già prima di questo evento erano più deboli saranno quelli che soffriranno di più. Ricordiamoci che già prima di questa tragedia l’Italia era il fanalino di coda fra i paesi Ocse per tasso di crescita del Pil. Fatte queste premesse, la Commissione europea ha stimato che il Pil subirà una contrazione di 2,5 punti percentuali a causa della pandemia rispetto alle stime previste prima della pandemia, il che significa che in Europa il tasso di crescita del Pil è stimato pari a -1% nel 2020 e in Italia oltre il -2%. Ovviamente si tratta soltanto di stime e purtroppo può andare anche molto peggio di così.
Conte promette misure “poderose” nel decreto Cura Italia, quali gli interventi maggiormente necessari?
C’è assoluta necessità di un intervento coordinato di governi e banche centrali per mitigare le ripercussioni negative della recessione, che comunque in ogni caso si verificherà. Occorre sostenere individui ed imprese direttamente coinvolti dagli effetti di questo disastro naturale e non si deve consentire alla crisi di coinvolgere anche i settori non direttamente coinvolti a causa del calo della domanda da parte di coloro che vedono i loro redditi ridursi o svanire. Servono dunque misure di sostegno ai redditi di chi è in difficoltà a causa della pandemia, insieme a impegni precisi ad intervenire ancora in caso di necessità. E le banche centrali devono fare la loro parte per evitare che queste misure di espansione fiscale generino turbolenza sul mercato dei titoli sovrani. Purtroppo, tutto questo non basterà comunque, perché gli strumenti a disposizione dei governi e delle banche centrali sono soprattutto strumenti in grado di influenzare il lato della domanda ma questa crisi coinvolge anche (e soprattutto per ora) il lato dell’offerta: imprese e uffici chiusi non possono produrre beni e servizi e inoltre c’è il rischio che si disintegrino le reti transnazionali di produzione. Infine, per l’Italia c’è una difficoltà in più: l’alto livello del nostro debito pubblico non ci consente di spendere più di tanto. Abbiamo ottenuto dalla Commissione europea il via libera sullo sforamento dei conti necessario a contrastare l’emergenza coronavirus, ma questo non significa che non vi sia un problema con il nostro debito e infatti i mercati ci fanno già pagare il maggior debito con uno spread più alto. Di nuovo, la nostra infelice posizione di partenza, in questo caso sul debito pubblico già enorme, complica le cose anche dal lato degli interventi possibili.
C’è il rischio di una nuova crisi economica come quella del 2008?
Ogni crisi è diversa e questa ha una genesi sicuramente diversa da quella del 2008 causata da squilibri che si erano accumulati nel sistema finanziario, poi propagatisi nell’economia reale. Qui siamo difronte a quello che noi economisti definiamo uno shock esogeno, come i disastri naturali. Ma al di là di questo gli effetti potrebbero essere altrettanto pesanti e potrebbero anche esserci delle similitudini con la crisi finanziaria se i detentori dei titoli sovrani si comportassero allo stesso modo di allora, cioè fuggendo dai nostri titoli di Stato (flight to quality) e quindi alzando il costo del nostro debito (lo spread). Avremmo un nuovo banco di prova per la governance economica europea e l’esito finale della crisi dipenderebbe anche dalle capacità di coordinamento e condivisione fra le istituzioni economiche europee.