Nella notte tra mercoledì 12 e giovedì 13 febbraio, ignoti vandali hanno distrutto la prova sperimentale delle viti di Chardonnay messe a dimora, nel vigneto sperimentale dell’università di Verona con sede a San Floriano in Valpolicella, lo scorso ottobre.
Si trattava della prima messa a dimora in campo di viti Tea, ottenute tramite tecnologie di evoluzione assistita, in Europa a confermare l’avanguardia internazionale della ricerca in campo vitivinicolo svolta dal gruppo di genetica agraria dell’ateneo scaligero.
“A nome di tutto l’ateneo esprimo solidarietà a tutte le nostre ricercatrici e ai nostri ricercatori. La ricerca non si ferma distruggendo le piante”, afferma il magnifico rettore dell’ateneo di Verona, Pier Francesco Nocini.
Le viti Tea erano rese resistenti alla peronospora grazie alle tecnologie di evoluzione assistita, uno degli strumenti più avanzati del miglioramento genetico.
Il campo, allestito dallo spin off di ateneo EdiVite, all’interno del vigneto,era stato regolarmente autorizzato dall’autorità competente nel rispetto delle normative vigenti. Per i genetisti agrari, questo campo rappresentava un laboratorio a cielo aperto, essenziale per valutare il valore fenotipico dei risultati ottenuti dopo anni, talvolta decenni, di ricerca nei laboratori di genetica e biologia molecolare.
“L’atto vandalico è stato grave e al momento non sappiamo se e quando la sperimentazione potrà ripartire”, spiega David Bolzonella, direttore del dipartimento di Biotecnologie dell’università di Verona. Le viti Tea oggetto della sperimentazione sono frutto di una lunga attività scientifica del gruppo di genetica agraria del dipartimento di Biotecnologie che applica moderni approcci di miglioramento genetico. Le piante Tea sono ottenute modificando in modo preciso una specifica sequenza di Dna, senza alterare l’assetto genetico o inserire sequenze esogene. È attualmente in corso di definizione la nuova proposta europea che le differenzia dall’attuale definizione di Ogm. Le viti oggetto della sperimentazione, più resistenti alle malattie, come da prove condotte nei laboratori, devono essere valutate in pieno campo per stabile la loro reale resistenza per ridurre l’impiego di fitofarmaci, a beneficio, quindi, della salute umana e della sostenibilità ambientale”.