La novità arriva dall’università Bicocca di Milano dove è stata dimostrata l’esistenza di un meccanismo che suggerisce la presenza di una sorta di “centrale” che orchestra gli stimoli provenienti dai diversi sensi. La ricerca sperimentale è stata condotta in collaborazione con l’università e l’Istituto Italiano di Neuroscienze di Verona. Lo studio “The Costly Filtering of Potential Distraction: Evidence for a Supramodal Mechanism” ha per autori Francesco Marini, dottorando in psicologia sperimentale, Angelo Maravita, docente di psicobiologia e psicologia fisiologica entrambi del dipartimento di Psicologia dell’università di Milano-Bicocca e Leonardo Chelazzi, docente di fisiologia e psicologia dell’università di Verona e dell’Istituto Italiano di Neuroscienze di Verona. L’analisi è stata pubblicata sulla testata online del Journal of Experimental Psychology: General, una delle riviste più rinomate a livello internazionale per gli ambiti della psicologia sperimentale.
La ricerca. Lo studio ha coinvolto 126 studenti universitari dell’Ateneo milanese, con un’età media di 26 anni. I partecipanti sono stati sottoposti a diversi test. Nel primo tenevano tra le dita di entrambe le mani due stimolatori tattili vibratori e tramite una pedaliera dovevano indicare quale dito stava ricevendo la vibrazione, cercando di non prestare attenzione a una luce rossa intermittente che si accendeva vicino alle dita stesse. Prima di ogni test si avvertivano i soggetti sperimentali che sarebbero potuti entrare in funzione degli elementi di distrazione di tipo tattile, uditivo o visivo che però non sempre venivano attivati. Lo scopo della ricerca era misurare il tempo di reazione in millesimi di secondo tra la stimolazione e la risposta oltre che registrare la correttezza o meno della risposta stessa.
I risultati. Gli esiti hanno mostrato in modo chiaro come l’aspettarsi una distrazione, anche nei casi in cui non sia arrivata, abbia diminuito la concentrazione dei partecipanti al test a prescindere dalla natura della distrazione stessa, visiva, tattile o uditiva. La ricerca riporta l’esempio di uno dei test in cui la velocità media di risposta è passata da 439 millesimi di secondo, nel caso di uno stimolo tattile senza distrattori, a 479 millesimi di secondo nel caso in cui il soggetto si aspettava una distrazione visiva che peraltro non sopraggiungeva. La semplice aspettativa di una distrazione ha quindi peggiorato la performance di circa il 10%. L’esperimento è stato ripetuto sette volte, in condizioni diverse, e i risultati sono stati sempre confermati, come afferma Angelo Maravita,«Durante l’esperimento abbiamo osservato che quando potrebbe entrare in azione un distrattore, si impiega più tempo nel rispondere allo stimolo, indipendentemente dall’effettiva presenza e dalla natura del distrattore stesso. Questa condizione suggerisce che il controllo dei potenziali distrattori fa parte delle attività intrinseche del cervello ed è una funzione sopramodale, controllata da una sorta di “centrale” che sovrintende a più compiti collocati in diverse aree, coordinandoli».
Le applicazioni. La ricerca sperimentale potrà trovare particolari applicazioni in campo medico-neuropsicologico, nello studio di pazienti che in seguito a traumi come ictus, emorragie o traumi cranici, presentino una disfunzione a carico dell’area frontale del cervello. «Potrà inoltre essere molto utile per studiare i meccanismi di comportamento e gli eventuali rischi in soggetti che operano in situazioni complesse che richiedano una forte concentrazione su un compito, ma anche un’allocazione di risorse per difendersi da possibili distrazioni: pensiamo ad esempio a piloti o controllori di volo» concludono i ricercatori.