Un trattamento innovativo sperimentato a livello preclinico riduce le crisi epilettiche del 75% in due settimane e del 93 % in tre mesi. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Journal of Neuroscience. Prima autrice del lavoro Giovanna Paolone, ricercatrice del dipartimento di Diagnostica e Sanità pubblica dell’università di Verona diretto da Albino Poli, in collaborazione con Gloriana Therapeutics, l’azienda biotech americana che ha sviluppato la metodica e con l’università di Ferrara dove era assegnista di ricerca.
La nuova tecnologia è stata applicata a un modello di epilessia del lobo temporale nell’animale da laboratorio. Cellule umane, nello specifico ARPE – 19, ingegnerizzate per rilasciare la proteina GDNF, Glial cell-Derived Neurotrophic Factor, sono state incapsulate in una membrana semipermeabile e biocompatibile e impiantate nell’ippocampo, un’area cerebrale coinvolta nell’epilessia. Questo permette il rilascio continuo della sostanze terapeutiche direttamente nell’area danneggiata.
I risultati suggeriscono che il trattamento sia non soltanto sintomatico, ma anche potenzialmente risolutivo. Gli scienziati, infatti, hanno dimostrato che gli effetti sulla frequenza delle crisi epilettiche persistono anche dopo la rimozione della microcapsula suggerendo che il trattamento agisca sulle alterazioni neurobiologiche sottostanti la malattia stessa in modo sicuro e senza eventi avversi
“La sperimentazione – aggiunge Paolone – ha evidenziato effetti positivi anche sui modelli di comorbidità spesso associate alla malattia e che complicano il quadro clinico del paziente. I ratti trattati hanno infatti manifestato una performance migliore nei test comportamentali che monitorano la capacità cognitive e i disturbi dell’ansia. I risultati ottenuti sono molto promettenti; tuttavia è necessario approfondire ulteriormente le conoscenze sugli effetti del trattamento proposto e prima di passare all’uso vero e proprio del trattamento è necessario effettuare una validazione clinica dell’efficacia e sicurezza del trattamento stesso sull’uomo”.