Studiare l’effetto della mobilizzazione passiva sulla funzione vascolare compromessa dalla drastica diminuzione di movimento e non dalla malattia. È questa la nuova ricerca del Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’ateneo di Verona, condotta in collaborazione con l’istituto geriatrico Fondazione Arrigo Mazzali di Mantova e pubblicata su The Journal of Gerontology: Medical Sciences.
Ad oggi, la mobilizzazione passiva ripetuta su soggetti di età avanzata allettati, era stata solo teorizzata. Per la prima volta questo studio, guidato dalla ricercatrice Anna Pedrinolla e dai docenti Massimo Venturelli e Federico Schena, si concentra sugli effetti di questo trattamento, ovvero il movimento degli arti senza contrazione volontaria dei muscoli, sulla disfunzione vascolare di soggetti anziani costretti a letto da lungo tempo.
L’allettamento prolungato e la conseguente diminuzione di movimento in soggetti anziani, compromette non solamente il declino funzionale di questi individui ma contribuisce in maniera significativa alla progressione della disfunzionalità vascolare mediata da una diminuzione di biodisponibilità di ossido nitrico da parte dell’endotelio.
Alla ricerca hanno preso parte quarantacinque persone, senza malattie neurodegenerative o problemi di insufficienza cardiaca, epatica o renale, età media ottantasette anni, da tempo costrette a letto. Sono state suddivise in due gruppi: uno di trattamento e uno controllo (si tratta, infatti, di uno studio clinico randomizzato controllato).
Entrambi i gruppi hanno continuato a ricevere la loro terapia farmacologica standard e a seguire il normale programma di attività ricreativa organizzata dal personale dell’istituto geriatrico. A differenza del gruppo di controllo che ha continuato questa routine, il gruppo di trattamento ha ricevuto la mobilizzazione passiva due volte al giorno per trenta minuti, cinque volte la settimana, per quattro settimane. Chinesiologi esperti hanno eseguito la mobilizzazione mediante flessione ed estensione passiva del ginocchio. Attraverso la mobilizzazione passiva, si induce un aumento transitorio nel flusso di sangue verso l’arto mobilizzato, ed è proprio questo meccanismo che gioca un ruolo importantissimo nell’ambito della funzionalità vascolare. Infatti, l’aumento transitorio e ripetuto del flusso sanguigno è proprio lo stimolo chiave che agisce sul lume del vaso arterioso e che stimola la produzione e utilizzo di ossido nitrico da parte dello stesso, favorendo nel tempo adattamenti positivi e un miglioramento della funzionalità endoteliale.
Dopo quattro settimane, le evidenze del trattamento erano già manifeste: variazione significativa del picco di flusso sanguigno dell’arteria femorale della gamba soggetta a mobilizzazione, miglioramento della reattività vascolare, della biodisponibilità di ossido nitrico, della circolazione, ed effetti positivi a livello sistemico generale.
“In altri studi da noi condotti -spiega Massimo Venturelli– abbiamo riscontrato che il deficit di funzionalità endoteliale è associato alla deplezione di ossido nitrico. Tra le cause della scarsa disponibilità di questa molecola, l’insufficiente mobilità fisica. Come semplice, ma efficace terapia non farmacologica, in contesti clinici e non clinici, la mobilizzazione passiva, aumentando la biodisponibilità di ossido nitrico, va promuovere e migliorare la salute vascolare e sistemica in persone che non possono muoversi autonomamente”.
“Lo studio – afferma Federico Schena– potrebbe sembrare di limitato impatto in quanto ha escluso i pazienti con malattie neurodegenerative e neuromuscolari; invece è di notevole rilievo in quanto evidenzia come proprio nelle persone di età avanzata, anche quando non vi siano patologie di rilievo, la mancanza di una mobilità regolare tende a compromettere i meccanismi base dell’efficienza vascolare.”
“Questa modalità di intervento -dichiara Anna Pedrinolla– nella sua semplicità e sicurezza potrebbe essere ampiamente proposta a tutti quei soggetti che non possono affrontare terapie e attività che includono movimento attivo, garantendo comunque a queste persone dei benefici”.
Contributo comunicazione Scienze Motorie