L’università di Verona si distingue ancora una volta nel panorama della ricerca scientifica sulla fibrosi cistica, una malattia genetica debilitante che colpisce migliaia di persone in tutto il mondo. Due nuovi studi, condotti dal gruppo di ricerca coordinato da Claudio Sorio del dipartimento di Medicina, sono stati recentemente pubblicati sulle prestigiose riviste scientifiche iScience e Journal of Cystic Fibrosis, portando alla luce risultati promettenti per i pazienti con mutazioni rare del gene CFTR, responsabile della malattia.
Il primo studio collaborativo con gruppi francese, irlandese e americano, realizzato da Roberta V. Latorre come co-seconda autrice e pubblicato su iScience, ha utilizzato organoidi intestinali, ovvero dei mini organi coltivati in laboratorio, derivati da cellule della mucosa rettale di pazienti con una mutazione del gene CFTR considerata non correggibile dai farmaci attuali e resi disponibili grazie alla collaborazione con la dottoressa Paola Melotti del Centro Fibrosi Cistica di Verona nell’ambito del progetto HUB (https://www.huborganoids.nl/news/new-paper-hub-organoids-for-cystic-fibrosis). I ricercatori hanno sperimentato una tecnica avanzata di correzione genetica, modificando stabilmente il DNA delle cellule affette da fibrosi cistica. I risultati sono stati incoraggianti: le analisi, condotte con metodologie di imaging ed elettrofisiologia, hanno dimostrato un effettivo recupero della funzionalità cellulare, aprendo la strada a interventi genetici più mirati e duraturi.
Il secondo studio multicentrico, italo-olandese che vede Jessica Conti come prima autrice e pubblicato sul Journal of Cystic Fibrosis, è stato reso possibile dal contributo della dr.ssa Paola Melotti del Centro Fibrosi Cistica di Verona, dei colleghi del gruppo di USD Endoscopia d’urgenza Aoui di Verona, coordinati dal dottore Luca Rodella (ora dal dottore Giorgio Mirante) e di Luca Frulloni, docente di Gastroenterologia dell’università di Verona coadiuvato dalla dottoressa Laura Bernardoni ha esplorato invece un’altra strada. Anche in questo caso, sono stati sviluppati organoidi intestinali da cellule di pazienti con mutazioni molto rare del gene CFTR. L’obiettivo era valutare la capacità di queste cellule di rispondere a farmaci mirati a specifici tipi di mutazioni. Attraverso sofisticate tecniche di analisi del trasporto ionico, il gruppo di ricerca ha individuato potenziali risposte positive ai trattamenti, anche per quei pazienti considerati non idonei alle terapie attualmente approvate.
Questi studi rappresentano un passo importante verso una medicina sempre più personalizzata. Da un lato, la ricerca di Latorre dimostra in linea di principio che una correzione genetica mirata potrebbe trasformare una mutazione non funzionale in una variante funzionante, offrendo in futuro una possibile soluzione duratura senza necessità di terapie quotidiane. Dall’altro, lo studio di Conti fornisce dati preziosi per spingere le autorità regolatorie a riconsiderare l’accesso a trattamenti esistenti, adattandoli anche a quei pazienti con mutazioni ultra-rare, altrimenti esclusi dalle cure.
“Devo ringraziare tutto il team di ricerca multicentrica, gli enti finanziatori ed i volontari che hanno permesso di dimostrare l’utilità di tali approcci di medicina personalizzata per migliorare la qualità ed aspettativa di vita delle persone affette da fibrosi cistica che hanno generosamente partecipato fornendo campioni biologici necessari a questo ad altri studi simili effettuati e attualmente in corso” commenta Sorio. “L’obiettivo finale di entrambi gli studi è chiaro: estendere a ogni paziente, anche a chi è portatore di mutazioni rarissime, la possibilità di accedere a terapie più efficaci, poichè personalizzate, in base alle caratteristiche genetiche di ciascun soggetto. Un motivo concreto di speranza per migliorare la qualità di vita di chi è affetto da fibrosi cistica”.
Sara Mauroner
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