Per sopravvivere dobbiamo essere dotati di un meccanismo che ci permetta di riconoscere e dunque sfuggire alle situazioni pericolose. Benedetto Sacchetti, docente del dipartimento di neuroscienze dell’università di Torino, ha esplorato l’argomento con precisione e chiarezza, durante l’incontro “L’emozione del ricordo”. L’evento di Infinitamente è stato presentato da Cristiano Chiamulera, farmacologo e docente dell’università di Verona, e coordinato dal giornalista Marco Mozzoni.
Cervello ed eventi sgradevoli. Che cosa succede nel cervello al verificarsi di un evento che viene percepito come negativo? Sacchetti ha spiegato che scattano delle associazioni tra informazioni sensoriali, in particolare visive ed uditive, e informazioni emotive, e a livello corporeo si registrano le risposte tipiche di uno stato di paura e ansia, come l’improvvisa sudorazione e l’aumento del battito cardiaco. "Al ripresentarsi della situazione negativa i soggetti sani rispondono sempre allo stesso modo – ha illustrato Sacchetti – Quelli con danni all’ippocampo, zona cerebrale dei ricordi, affermano di non riconoscere la pericolosità della situazione ma nonostante questo rispondono con i sintomi corporei. E' evidente che da qualche parte nel cervello si forma una memoria implicita – ha infine concluso – si tratta della zona cerebrale chiamata amigdala, dove si formano i ricordi impliciti relativi a situazioni di pericolo.”
La funzione dell’amigdala. Questa struttura antica è presente in tutti i mammiferi per ragioni evolutive; se stimolata funge da sistema d’allarme per indurre i comportamenti tipici di un soggetto di fronte ad un evento pericoloso per la sua sopravvivenza. “Se l’attività dell’amigdala viene bloccata, potrebbe essere facile vedere un topo che si avvicina ad un gatto con noncuranza – ha esemplificato Sacchetti – Ci sono due ipotesi sul ruolo dell’amigdala nella formazione del contenuto del ricordo: da un lato c’è chi crede che tutte le informazioni emotive e sensoriali confluiscano in quest’area, dall’altro si pensa che essa si limiti a dirigere il lavoro di altre strutture cerebrali. Recenti prospettive sperimentali suggeriscono la possibilità che le diverse aree sensoriali cooperino con l’amigdala nella formazione dei ricordi emotivi."