La pandemia Covid-19 sta sottoponendo ad un enorme sforzo organizzativo l’assistenza sanitaria del nostro Paese. Con ricadute significative in termini di surmenage lavorativo e disagio psicologico da parte del personale chiamato a gestire l’emergenza sanitaria. I fattori che incidono maggiormente sul benessere emotivo del personale sanitario sono molti: dalla complessità assistenziale dei pazienti affetti da tale patologia, al sovraffollamento dei reparti cui l’esplosione epidemica ha costretto molti ospedali, dall’incertezza legata all’interpretazione del quadro clinico e all’assenza di protocolli di trattamento consolidati al timore per il rischio di contagio.
Proprio in questi giorni è partito un progetto di ricerca – primo in Europa – ideato e promosso da un team della Sezione di Psichiatria del dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento. L’obiettivo è quello di valutare l’impatto psicologico della pandemia Covid-19 sul personale universitario e ospedaliero in servizio nelle due sedi ospedaliere della Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona. Responsabile scientifico del progetto è Antonio Lasalvia, coadiuvato da Francesco Amaddeo e da Chiara Bonetto. Allo studio collaborano anche Stefano Porru e Angela Carta della Sezione di Medicina del Lavoro del dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica.
«Il personale ospedaliero – spiega Lasalvia – appare ad elevato rischio di sviluppare sintomi di disagio emotivo, in termini di disturbi depressivi, d’ansia e sindrome da burn-out. Tali problemi, se non riconosciuti con tempestività e non trattati con adeguati percorsi, possono danneggiare – a medio e lungo termine – i professionisti sanitari sia nella loro sfera personale e privata, sia nelle loro relazioni sociali, sia in ambito lavorativo. Questo lavoro permetterà di conoscere la reale dimensione del fenomeno, la sua evoluzione nel tempo e i fattori critici che sono alla base dello sviluppo di problematiche psicopatologiche nel personale sanitario in corso di pandemia. Lo studio prevede una prima valutazione in queste settimane, la cosiddetta “fase 1 della pandemia”, una seconda a due mesi durante la “fase 2” e una ad un anno. La platea di professionisti cui si rivolge è di circa 6500 persone tra personale strutturato, universitario e ospedaliero, e specializzandi – conclude il coordinatore scientifico – promette di essere imponente, se il tasso di risposta sarà quello auspicato».