I bandi Joint Project, promossi dall’università di Verona, intendono favorire e incentivare progetti di ricerca finalizzati a sviluppare e arricchire competenze innovative e di sviluppo in un’ottica di interesse comune con imprese, enti pubblici e privati. Tra i progetti di ricerca congiunti, rientra un accordo di cofinanziamento e collaborazione tra il dipartimento di eccellenza di Neuroscienze, biomedicina e movimento, il comune di Peschiera e l’ospedale Pederzoli per la realizzazione del progetto: “Può l’esercizio fisico e cognitivo mitigare i sintomi della fragilità fisica e cognitiva?”. La ricerca si inserisce nelle finalità del programma di sviluppo: “Comportamenti e benessere: un approccio multidisciplinare per favorire la qualità della vita in condizioni di vulnerabilità”, con il quale Neuroscienze, biomedicina e movimento dell’ateneo scaligero ha vinto il bando nazionale MIUR per i dipartimenti di eccellenza.
La linea generale di questo programma di sviluppo è di comprendere l’interazione tra comportamento, aspetti motori, motivazionali e psicobiologici in diverse fasi e condizioni della vita e, in particolare, nelle situazioni di malattia neurodegenerativa e di disagio fisico e cognitivo. L’obiettivo è individuare le azioni e le strategie utili per incrementare il benessere e la qualità della vita e definire specifici protocolli di ricerca e intervento per trasferire nella pratica clinica e nella relazione con i pazienti i risultati scientifici. Da queste premesse e in questo contesto nasce la collaborazione tra il dipartimento, il comune di Peschiera e l’ospedale Pederzoli con un progetto che vuole indagare il ruolo dell’esercizio fisico per contrastare la demenza soprattutto nella malattia di Alzheimer, morbo in cui progressivo declino delle funzioni cognitive è la sindrome più comune. Che benefici apporta un programma di allenamento mirato e specifico sull’attenzione, sulla memoria, sulla capacità di orientarsi nello spazio e nel tempo, sulle abilità intellettive? Le terapie possono contrastare i disturbi dell’Alzheimer, ma non curarlo. Con l’Alzheimer servono prevenzione, azioni e comportamenti mirati per rallentarne il decorso. Così dal 15 ottobre è partita una ricerca incentrata a capire se l’esercizio fisico possa mitigare i sintomi della fragilità fisica e cognitiva nell’’Alzheimer. Durerà due anni e sarà coordinata dai docenti Federico Schena e Massimo Venturelli dell’ateneo veronese e dalla sindaca del comune di Peschiera, l’avvocata Maria Orietta Gaiulli.
Venti anziani con diagnosi di lieve deterioramento cognitivo dovuto all’Alzheimer, tre volte la settimana, per sei mesi, svolgeranno presso il Centro servizi dott. Pederzoli un programma specifico di esercizio fisico basato su esercizi di endurance e di forza. Il rapporto uno a uno tra operatore e paziente garantirà una presa in cura individualizzata.
“Si tratta di un progetto – spiega Venturelli – che punterà a verificare la rilevanza dell’attività fisica sulla mitigazione del declino cognitivo nelle persone con malattia di Alzheimer. In questo ambito abbiamo svolto e pubblicato varie ricerche mirate a studiare gli effetti dell’attività motoria sulle funzioni cognitive, questo progetto andrà a indagare in modo ancora più approfondito gli adattamenti indotti dall’esercizio fisico sulla condizione di fragilità cognitiva”.
“Il dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento – commenta Schena – ha un notevole impatto sul territorio grazie alle numerose collaborazioni con enti esterni sia pubblici che privati. Questo nuovo accordo con il comune di Peschiera e l’ospedale Pederzoli, dove il progetto si svolge, ne è testimonianza concreta. Le esperienze di questa ricerca, come di altre attuate all’interno del programma di sviluppo del dipartimento di eccellenza, saranno raccolte nella nuova struttura operativa “Hub di competenze” che avrà il compito di sviluppare la rete di relazioni formatesi in questo percorso, valorizzando i rapporti tra diverse figure professionali e favorendo un trasferimento delle conoscenze ricavate in ambito sperimentale alla loro applicazione clinica e territoriale e viceversa. Questo per favorire sempre di più le pratiche di cura per la promozione del benessere e della salute in un approccio multidisciplinare”.