“Dalla violenza alla distruttività: l’inclusione come antidoto alla paura” è il titolo della lectio magistralis che Vittorino Andreoli, psichiatra e scrittore di fama mondiale, ha tenuto il 20 settembre nell’aula magna del Silos di Ponente del Polo Santa Marta dell’Università di Verona.
L’incontro è stao organizzato organizzato dal dipartimento di Scienze Giuridiche dell’università, dalla Questura di Verona, e dal Centro di scienze della sicurezza e della criminalità delle università di Verona e di Trento. Al centro del dibattito il tema della violenza, soprattutto giovanile, nella società contemporanea e degli strumenti per prevenirla e contenerla nonché per volgere in positivo quelle energie negative che vecchie e nuove paure, tipiche del millennio che stiamo vivendo (dell’altro, delle tecnologie, della società, del futuro, della propria identità), sono capaci di scatenare.
Presenti il direttore del dipartimento di Scienze giuridiche, Stefano Troiano, il presidente del Tribunale di Verona, Ernesto D’Amico, l’assessora comunale a sicurezza, legalità e trasparenza, Stefania Zivelonghi, il questore di Verona, Roberto Massucci, il già procuratore della Repubblica di Verona, Guido Papalia, il direttore del Centro di scienze della Sicurezza e della Criminalità (Cscc), Andrea Di Nicola, e il ricercatore di Filosofia morale, Matteo Bonazzi.
Guarda le interviste
Crescono i casi di cronaca che offrono testimonianza di violenze e aggressioni, non solo perpetrate tra adulti, ma anche da minorenni a danno di altri minorenni, non di rado potenziate dall’impiego sconsiderato dei social network o dall’abuso di alcol e di stupefacenti, con ragazzi sempre più orientati al policonsumo, e da dinamiche sociali di gruppo difficili da arginare. Lo confermano i dati contenuti nel rapporto 2022 dellaDirezione centrale della polizia criminale che mostrano un incremento di oltre il 14% dei minori denunciati o arrestati nei primi dieci mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2019, pre-pandemia, e violenze sessuali in salita del 15,7% rispetto ai primi dieci mesi del 2021.
Per gli addetti ai lavori scarsa consapevolezza della gravità del proprio agire, assenza di empatia con le vittime o vero e proprio disprezzo nei loro riguardi, delirio di onnipotenza e allentamento dei freni inibitori, sono solo alcuni dei tratti ricorrenti in questo tipo di violenze. Le cause sono variegate e difficili da ricondurre ad unità, ma è certo che vi sono anche, alla base, nuovi deficit del sistema educativo, particolarmente provato dalla pandemia, specifiche situazioni di disagio sociale ma, anche, precise carenze e responsabilità delle famiglie. E questo tanto più quando la violenza, come accade di frequente, coinvolge ragazzi con storie familiari non di disagio, che ricercano stimoli, sensazioni forti, voglia di combattere la noia o di apparire a tutti i costi.
“In una chiave costruttiva – hanno spiegato gli organizzatori – è fondamentale creare momenti di riflessione sul fenomeno tra i diversi attori chiamati ad affrontarlo da prospettive differenti, sia in via preventiva che di contrasto, quali università, scuole, forze dell’ordine, esperti di criminologia, psichiatria, psicologia, giuristi che, in dialogo con Andreoli, hanno potuto interrogarsi sulle radici dell’aggressività, sui disagi dei giovani di oggi e sul loro senso di fragilità, di sfiducia, di scarsa autostima, così come sulle molteplici azioni che possono consentire di ridurre le situazioni di potenziale rischio, specie tra i giovani, e di prevenire i comportamenti violenti ricostruendo un tessuto di rapporti sociali solido e inclusivo, che possa funzionare da antidoto alla paura”.