Emanuela Bottani è tra le vincitrici del nuovo bando del Fondo italiano per la scienza con il progetto “Analizzare il ruolo della (dis)funzione mitocondriale nella neurogenesi e nelle malattie rare del neurosviluppo”. Il progetto, finanziato con 1.320.000 euro e della durata di trentasei mesi, sarà sviluppato nel dipartimento di Diagnostica e sanità pubblica dell’Università di Verona.
Quali sono gli obiettivi della sua ricerca?
Il progetto mira a cambiare prospettiva sulle malattie genetiche mitocondriali. Queste patologie, finora considerate soprattutto disturbi neurodegenerativi tipici dell’infanzia — cioè malattie in cui il sistema nervoso si deteriora progressivamente dopo la nascita — potrebbero in realtà avere un’origine molto più precoce. La ricerca esplorerà l’ipotesi che alcune di queste condizioni siano, invece, veri e propri disturbi del neurosviluppo, legati a ciò che accade durante le primissime fasi di formazione del cervello. In questo modo si cercherà di capire se il problema non sia la perdita progressiva di cellule nervose, ma un difetto nella loro nascita, crescita o organizzazione durante la vita fetale.
In che modo si svolgerà questa ricerca?
Useremo tecniche avanzate di analisi e di imaging, insieme allo studio di cellule e di tessuti in cui vi è la perdita di funzione di geni associati nell’uomo a disfunzioni neurologiche mitocondriali. Questi strumenti ci permetteranno di osservare da vicino come si formano i neuroni e come funzionano i mitocondri nelle primissime fasi dello sviluppo, e a quale stadio la perdita di funzione di questi geni si manifesta sullo sviluppo neurologico.
Che cosa rappresenta per lei ottenere questo finanziamento?
Per noi questo finanziamento è un’opportunità per cambiare il modo di vedere le malattie genetiche mitocondriali. Finora sono state considerate problemi neurodegenerativi dell’infanzia, ma le nostre ricerche suggeriscono che potrebbero iniziare molto prima, durante le prime fasi dello sviluppo. Capire come nascono i neuroni e come funzionano i mitocondri fin dall’inizio potrebbe aprire la strada a nuove possibilità di cura. Ci tengo anche a sottolineare il valore della collaborazione con Dario Brunetti e Nicola Persico: La combinazione delle loro competenze, che spaziano dalla biologia cellulare al neuroimaging fino alla chirurgia fetale, crea un ponte unico tra ricerca di base e applicazione clinica. Il nostro obiettivo finale è riuscire a intervenire il più precocemente possibile, persino durante la vita fetale, per prevenire lo sviluppo delle alterazioni cerebrali e cambiare la storia naturale di queste malattie. È una sfida impegnativa, ma costituisce un’occasione senza precedenti per trasformare profondamente diagnosi e cura delle patologie genetiche rare.»
Alla luce della sua esperienza, se dovesse dare un solo consiglio a chi sogna di fare ricerca, quale sarebbe?
Coltivate una passione autentica e preparatevi a lavorare con costanza.
La ricerca è un percorso che richiede formazione continua, curiosità e la capacità di restare con i piedi per terra. Nel mio caso, dopo anni in istituti diversi, periodi all’estero e una certa dose di incertezza, vedere le mie idee riconosciute e finanziate è stato molto gratificante. Per questo il consiglio che darei è: investite su voi stessi, imparate tanto e non perdete fiducia nel valore del vostro lavoro. Con il tempo, l’impegno e le competenze costruite fanno la differenza.
Sara Mauroner


























