Si è svolto nella biblioteca AFrinzi l’incontro con il premo Montale Paolo Conte che, a colloquio con Mario Allegri, docente di letteratura italiana contemporanea all’ateneo scaligero, ha parlato al suo numeroso pubblico delle “follie dell’arte”. E di molto altro.
Infinitamente: fattore umano, cervello e coscienza. Cos’è per lei la coscienza? E l’incoscienza?
“Io guardo i musicisti che incontro e vedo degli angeli, persone tenere e leggerissime ma al contempo un po’ matte. Questa è quasi una regola, un ‘alito’, ma bisogna fare attenzione perché c’è chi se ne compiace. Si ha a che fare con del materiale misterioso, specie per quanto riguarda la musica. Questo può portare ad uno stato di incoscienza ma che deve essere sempre tenuto sotto controllo; la tecnica deve essere sempre maestra dell’incoscienza.”
E' sempre stato attratto dalla figura del saltimbanco. Perché?
“Per quello che c’è di ‘circense’ nel meccanismo dell’applauso. Mi piace immaginare la figura di un funambolo che attraversa il suo filo e una volta arrivato dall’altra parte lo accoglie e lo abbraccia il calore del pubblico. E’ questo il tipo di applauso che mi piace.”
E’ nel periodo del secondo dopoguerra che hai dichiarato di trovare il tuo tipo d’uomo preferito. Qual è?
“E’ l’italiano che deve ritrovare la sua identità. Molti protagonisti delle mie canzoni sono uomini vissuti, avventurieri alla buona come il protagonista della mia ‘La ricostruzione del Mocambo’. Sono legato alla figura dell’uomo galantuomo, al periodo in cui uomini e donne erano lontani, non comunicavano con la stessa facilità di oggi.”
Come nasce la tua musica?
“Viene sempre prima la musica rispetto alle parole. La musica offre sensazioni astratte, mentre le parole sono significanti. Adattare queste due sostanze è un momento di grande difficoltà.”