Il cioccolato, dolce fra i più amati, ricco di vitamina E e polifenoli, può essere anche di aiuto nel ridurre il rischio di malnutrizione proteico-energetica e di fragilità negli anziani con declino cognitivo? Naturalmente unito a un programma strutturato di attività fisica.
Questa è la domanda da cui parte un progetto internazionale, denominato Choko-Age, che coinvolge l’università di Verona con il Centro di ricerca “Sport, montagna e salute” e la sezione Scienze motorie del dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento, che cura la ricerca clinica. Al progetto, che vede l’ateneo di Perugia capofila dello studio, partecipano anche gli atenei di Liverpool (Regno Unito), Molde (Novergia), Incliva VLC (Spagna), il Gruppo Perugina-Nestlé e la start up Molecular Horizon.
Per tre anni gli esperti studieranno la relazione tra invecchiamento, declino cognitivo, nutrizione e attività fisica. Il team scaligero è composto dai docenti e ricercatori Massimo Venturelli, Anna Pedrinolla, Roberto Modena, Valentina Cavedon, Chiara Milanese, Nicola Smania, Federico Schena, Cristina Fonte e Valentina Varalta.
L’obiettivo è studiare gli aspetti della malnutrizione nella popolazione over 65, con declino cognitivo, che spesso portano a un calo di peso involontario legato alla perdita di massa magra e alla correlata diminuzione della funzionalità muscolare. Questo implica un peggioramento della qualità della vita, dello stato di salute, del livello di autosufficienza con conseguenze di tipo sociale ed economico. Ciò che si sta sperimentando a Verona è verificare gli effetti della malnutrizione sulla massa magra e sulla forza muscolare attraverso un intervento combinato di attività fisica e una supplementazione alimentare di cioccolato.
Il trattamento consiste in una attività individualizzata ma svolta in un contesto di gruppo, nella palestra attrezzata di Scienze Motorie, con programmi specifici per sviluppare la massima forza degli arti inferiori e migliorare le capacità aerobiche. A questo si aggiunge l’assunzione quotidiana di una monoporzione di cioccolato, arricchita di polifenoli e vitamina E: due micronutrienti a forte azione antiossidante che, rallentando e prevenendo il fenomeno dell’ossidazione, hanno un effetto benefico nel mantenimento delle fibre muscolari.
“Polifenoli e attività fisica sono noti per abbassare i livelli di cortisolo negli anziani, ma questo effetto è stato maggiormente studiato per le sue implicazioni cliniche-comportamentali, non per i suoi esiti metabolici sul tessuto muscolare e nel processo legato all’invecchiamento”, spiega Massimo Venturelli, docente del dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento. “Questi aspetti verranno studiati per la prima volta in soggetti anziani con declino cognitivo, popolazione ad alto rischio di denutrizione e conseguentemente di atrofia muscolare, sarcopenia e fragilità. E per la prima volta si valuterà anche come l’apporto di vitamina E, combinato con l’esercizio fisico, possa prevenire lo stress ossidante a livello mitocondriale”.
Lo studio sta già dando i primi promettenti risultati nei pazienti trattati ed è possibile, per chi fosse interessato, partecipare gratuitamente alla ricerca. “Choko- Age è una ricerca multicentrica i cui effetti auspichiamo portino significativi benefici per rallentare e contrastare la perdita di peso involontaria nella popolazione anziana con declino cognitivo”, conclude Anna Pedrinolla, docente nella sezione di Scienze motorie. “Si tratta di un combinato sinergico di strategie efficaci, non farmacologiche, che si stallano nell’ottica di migliorare la qualità di vita. Le persone che ad oggi hanno aderito si sentono motivate: svolgono una attività motoria personalizzata in gruppo e questo accresce e potenzia gli aspetti relazionali; inoltre sanno di essere prese in cura attraverso valutazioni che comportano fiducia e affidamento”.
Un valore aggiunto di questa ricerca è dato dalla possibilità per familiari, accompagnatori e caregiver di assistere al trattamento potendo usufruire della palestra per svolgere attività mentre attendono. “Sono molto felice di questa opportunità”, racconta Stefania Padrini, figlia di Maria, una signora ottantenne che da alcune settimane ha iniziato il trattamento. “Ho scoperto il progetto partecipando a un seminario organizzato dall’associazione all’Alzheimer, dove Pedrinolla ha raccontato lo studio, e ho deciso di portate mia mamma. Sono stata fin da subito sorpresa delle strutture, dei ricercatori, della loro capacità professionale e umana. Una presa in cura totale. Mia mamma soffre di demenza senile. Non è stato facile convincerla a partecipare, era un po’ riluttante all’inizio, come avviene per ogni cosa nuova per lei. Ora vediamo, giorno dopo giorno, un cambiamento sia fisico (si sente più sicura dal punto di vista motorio) sia cognitivo (mi racconta quello che vive durante il trattamento), non semplice per chi fa fatica a ricordare. La possibilità di fare esami, come quello della composizione corporea, in poco tempo e gratuitamente, non è un servizio assolutamente scontato. Per noi è un privilegio stare in questa importantissima ricerca”.
“Per contrastare il declino cognitivo occorre allenare la mente e lavorare sulle abilità motorie e sulla stimolazione sensoriale”, afferma la presidente dell’Associazione Alzheimer Verona ODV Maria Grazia Ferrari Guidorizzi. “Riprendendo un assunto dello scienziato Lamarck, è la funzione che crea l’organo, ponendo così l’attenzione sull’adattamento come risultato dell’uso o del disuso di un determinato organo. Ho svolto un protocollo di trattamento presso il Centro ricerca in riabilitazione neuromotoria e cognitiva (Crrnc) e attività motoria strutturata, un lavoro di forza e velocità, presso la struttura di Scienze motorie. Sono stata accolta e seguita con grandissima professionalità e competenza relazionale. I primi allenamenti sono stati un po’ duri, poi piano piano, è andata sempre meglio. Dal punto di vista fisico e mentale c’è stato un miglioramento progressivo evidente. Il protocollo di lavoro permette innanzitutto di raggiungere il migliore livello funzionale possibile, contrasta la tendenza all’isolamento nel contesto sociale e familiare, riducendo anche l’aggravio assistenziale. Con la nostra associazione, di cui sono la presidente dal 2002, con il progetto “Sollievo” su incarico dell’Ulss 9, siamo anche noi impegnati ad offrire alle persone con decadimento cognitivo aiuti e supporti concreti con attività laboratoriali per la memoria, attività musicali e musicoterapia, gruppi di auto-mutuo-aiuto e attività ricreative di socializzazione in piccoli gruppi. Sono quindi consapevole dell’importanza di progetti per la ricerca come Choko-Age che, coinvolgendo la popolazione anziana, consentirà un prolungamento di una buona qualità di vita nella terza/quarta età con relativo risparmio economico di servizi sociosanitari per le Istituzioni”.
Per maggiori informazioni consultare il sito mentre, per aderire allo studio, è possibile contattare Anna Pedrinolla a info@choage.eu