Paolo Pacchioni, capo redattore di Rtl 102.5, è stato ospite alla lezione di Laboratorio di linguaggi radiofonici in aula windows al Polo Zanotto.
Gli esordi. “Ho desiderato fare il cronista radiofonico fin da quando ero bambino – ha raccontato – Mio padre e mia madre volevano mandarmi da uno specialista quando si sono accorti che, durante le partite di calcio, abbassavo il volume della televisione e mi sostituivo alla voce del telecronista”. La storia che ha raccontato Paolo Pacchioni è quella di un ragazzo con un sogno e tanta voglia di realizzarlo. “La mia passione è stata segnata anche da una grande fortuna – ha aggiunto – perché un giorno, mentre seguivo un evento sportivo per conto di una radio locale in cui mi ero inserito, ho incontrato un redattore di Rtl che mi ha chiesto se fossi stato disponibile per il Giro d’Italia. Beh, io non aspettavo altro!”
La carriera. Il primo anno a Rtl ha lavorato pro bono, senza pensare mai nemmeno per un momento di chiedere uno stipendio. Poi è arrivato il Tour de France ed è stato chiamato dai vertici per decidere sul da farsi. “Quanto ti paghiamo qui?” gli ha chiesto il boss. “Non sono retribuito “, ha risposto Pacchioni e il capo si è detto molto stupito. Da quel giorno è stato assunto e ha iniziato a lavorare come redattore nella radio che, proprio in quegli anni – era il 1995 – si stava espandendo e stava diventando l’importantissima radio che è oggi. “Avevo realizzato un sogno – ha detto – e facevo un lavoro che amavo. Ma quando gestisci quotidianamente una diretta, negli anni, un imprevisto può capitare”.
L’11 settembre. “Era l’11 settembre 2001 e stavo conducendo il giornale radio delle 14 quando arrivò in redazione la notizia di un aereo che si era scontrato con una delle Torri Gemelle di New York. Demmo la notizia e chiudemmo l’edizione del gr senza problemi. Il nostro palinsesto proseguì regolarmente fin quando, un’ora più tardi, un altro aereo si scontrò con la seconda torre e capimmo che non poteva essere un caso”, ha raccontato. La radio decise di interrompere tutte le trasmissioni in programmae Pacchioni con un collega iniziò a seguire una diretta che sarebbe durata 12 ore, fatta di imprevisti e drammi da raccontare. “Il problema in certi casi – ha continuato il giornalista – è che devi raccontare quello che accade cercando di essere l’occhio di chi ti ascolta e devi farlo senza drammatizzare ancor di più eventi già tragici. Quell’esperienza è stata, senza voler essere cinico, la più formativa della mia vita. Gestimmo 12 ore di diretta e altrettante ce ne sarebbero volute poi per riprenderci”.