Terrorismo, giustizia e forza della memoria. Sono stati questi i temi dell'incontro con i giornalisti Mario Calabresi e Stefano Lorenzetto che si è tenuto nell'aula magna della facoltà di Giurisprudenza.
Il protagonista. Calabresi, direttore de La Stampa, ha pubblicato “Spingendo la notte più in là” e la raccolta di racconti “La fortuna non esiste”. Un nome, quello di Calabresi, che evoca una delle pagine più conosciute e probabilmente più controverse della storia d’Italia e dei cosiddetti “anni di piombo”. Mario Calabresi, giovane direttore del quotidiano La Stampa, è infatti il figlio del commissario Luigi, assassinato il 17 maggio 1972 a Milano. Luigi Calabresi fu vittima di un'infamante campagna di stampa ordita da Lotta Continua dopo l'oscura morte in questura dell'anarchico Giuseppe Pinelli. Mario paga oggi il peso di quel cognome, perché sebbene sia stata fatta giustizia (con la condanna di Bompressi, Marino, Sofri e Pietrostefani) per molti resta “il figlio del commissario”, nonostante il grande successo ottenuto con il libro “Spingendo la notte più in là”, edito nel 2007 e dedicato alle vittime del terrorismo.
L’intervista. Calabresi ha risposto alle domande del collega Stefano Lorenzetto, sottolineando la sua voglia di raccontarsi. “Partecipo a questo incontri per parlare ai giovani, per tenere viva la memoria di quanto è accaduto in Italia per colpa del terrorismo, altrimenti i giovani potrebbero coltivare un'idea romantica della violenza. Ho realizzato di questa pericolosa deriva quando dei liceali, al termine di un incontro pubblico, si avvicinarono a Adriano Sofri per chiedergli un autografo. La violenza del terrorismo non ha portato a nulla di positivo, così come oggi la violenza della politica non porta a nessun cambiamento”. Certi toni esasperati di oggi possono richiamare quei tempi bui, ma Calabresi è ottimista. “La storia non si ripete. Oggi per fortuna non c'è il pensiero inneggiante alla violenza fine a se stessa. Non temo il ritorno del terrorismo, ma solo che qualche idiota isolato possa compiere qualche gesto inconsulto”.