La lingua italiana è il frutto di molti errori commessi dai parlanti. L'evoluzione, "accidentata", della nostra lingua madre è stata proposto alla platea di Infinitamente 2011 due storici della lingua italiana, Paolo D'Achille, ordinario di Linguistica italiana all'Università Roma Tre, e Arnaldo Soldani, ordinario di Grammatica e storia della lingua italiana dell'ateneo scaligero. L'incontro è stato introdotto da Gianluca Amadori, presidente dell'Ordine dei giornalisti del Veneto.
Impatto degli errori sulla lingua italiana. “L'errore è una violazione, voluta ma soprattutto involontaria, della norma codificata – ha affermato D'Achille – ma soprattutto è provvidenziale perché grazie ad esso sono nate moltissime parole italiane”. Già nel III secolo d.C. un maestro di scuola attivo a Roma scrisse un testo dove segnò le forme errate di parole latine. Queste erano per lo più parole scritte dal popolo e considerate sbagliate dai maestri e grammatici del tempo. È curioso però notare che forme considerate sbagliate hanno dato talvolta origine a parole che usiamo oggi tutti i giorni.
Il ruolo dell'Unità d'Italia sulla lingua italiana. Se l'errore ha contribuito notevolmente alla creazione della nostra lingua italiana, un importante impulso per la sua diffusione è stato dato dall'Unità d'Italia. L'italiano è sempre stata una lingua scritta e non parlata. Ogni regione prima dell'unione nazionale aveva un proprio dialetto. Grazie all'Unità d'Italia si è sentita la necessità di avere un'unica lingua parlata che accomunasse tutto il popolo. “Massima garante della norma linguistica – ha spiegato Soldani – è stata la scuola, che ha progressivamente definito lo standard ovvero l’orizzonte grammaticale di riferimento”. È nato così un italiano “dell’uso medio”, in cui l’errore definito dai grammatici e proscritto dallo standard riaffiora come elemento tipico dell’informalità. Oggi un'importante ruolo per lo sviluppo della lingua è affidato alla televisione, al web ma anche ai giornali. Amadori ha concluso l’incontro affermando che “nei giornali, curando poco la lingua si contribuisce a renderla peggiore e negli stessi si investe poco nella sua cura”.