Nel 1965 il debito pubblico ammontava al 35,02% del Prodotto interno lordo, nel 1980 era salito al 57,6% mentre oggi ha toccato l’incredibile cifra del 121%. Un vero disastro. Quali sono le origini? A chi , e a cosa, attribuire le cause del forte deficit che ora sta flagellando gli Stati europei? Nicola Sartor, docente di Scienza delle finanze e Leonida Tedoldi, docente di Storia delle istituzioni politiche dell’ateneo, tentano di dare alcune risposte possibili organizzando un seminario di studio dal titolo: “L’uso politico del debito pubblico”. Il confronto, che gode del sostegno dei Dipartimenti di Scienze economiche e Tempo, spazio, immagini e società, è diviso nelle giornate del 15 giugno alle 14.30 e del 16 giugno a partire dalle 9.30. All’evento parteciperanno docenti ed esperti provenienti da diverse Università italiane.
“Per gli economisti la questione dominante del prossimo decennio sarà la ristrutturazione dei conti pubblici – spiega Tedoldi – In generale la crisi economica del 2008 e l'invecchiamento della popolazione hanno determinato un aumento consistente del debito pubblico che può essere considerato la “peggior arma finanziaria di distruzione di massa”.
Fino agli anni sessanta del Novecento, le entrate fiscali avevano supportato la spesa pubblica e i deficit pubblici sostenuti erano molto rari, salvo durante i periodi di conflitto bellico, e la crescita della spesa si era declinata nell'estensione dei servizi forniti dal governo e nel mantenimento di sistemi di sicurezza sociale, diventando la forza trainante dello Stato. Dal secondo dopoguerra, molto forti sono state le connessioni tra il debito pubblico e la storia politica, sociale e istituzionale dei paesi occidentali, certamente coinvolti dalle strategie economiche dell’apogeo keynesiano, che hanno favorito il consolidamento del debito pubblico come strumento strategico per modificare il volume dell’attività economica complessiva. “Ci si serve del debito per stanziare patti politici – continua il docente – Nell'azione dei governi e soprattutto in una logica di concorrenza tra partiti, l'indebitamento è spesso diventato nel secondo dopoguerra più attraente dell'inasprimento fiscale, fino a fornire un'alternativa possibile e indolore. Nel tempo il debito pubblico, ormai fisiologico, perché strettamente vincolato alle politiche monetarie di emissione, incrementò notevolmente, fino ad assumere delle dimensioni di difficile gestione”.
Il convegno inizierà il 15 giugno alle 14.30 nell’aula T1 del Polo Zanotto con gli interventi di Alessandro Polsi dell’Università di Pisa, di Giuseppe de Luca e Alessandro Missale dell’Università di Milano e di Fabio Lavista della Bocconi di Milano. Seguirà il consigliere di Stato Paolo De Ioanna. Concluderanno la giornata Fabio Padovano dell’Università Roma Tre e Roberto Ricciuti dell’università di Verona.
Giovedi 16 giugno la giornata di studio inizierà alle 9.30 nell’aula 1.6 del palazzo di Lettere. Si parlerà di “Deficit spending” con Franco Cazzola dell’Università di Firenze. A seguire interverranno Paolo Borioni della Fondazione Brodolini e del Center for Nordic studies della Università di Helsinki e Pietro Reichlin della Luiss di Roma.