Stefano Zamagni, docente di economia politica all’università di Bologna, ha parlato di etica ed economia nel sesto appuntamento del ciclo di conferenze “Educazione, cultura e bene comune” che si è tenuto lunedì 17 novembre. Ad aprire l’incontro Federico Brunetti, docente di Economie e gestione delle imprese di ateneo. “Esistono due ordini di problemi – ha detto Brunetti – primo l’ampio spazio che viene dedicato oggi alla sfera economica. Se in passato si parlava di scelte e questioni anche politiche, oggi il centro del discorso sono economia e finanza. Il secondo problema è da ricercarsi all’interno della sfera economica dove si parla solo di guadagno e profitti a discapito delle questioni legate all’eticità e all’economia civile.”
Da questo spunto Stefano Zamagni ha illustrato le res nove dell’epoca della globalizzazione. “Cinque sono le novità che caratterizzano l’attuale fase storica – ha spiegato Zamagni – in primo luogo l’aumento sistemico delle diseguaglianze sociali. Successivamente un aumento endemico della disoccupazione soprattutto tra i giovani. In terzo luogo si osserva la progressiva distruzione ambientale. Quarto, il paradosso della felicità, scoperto nel 1974 da Richard Esterlin, dice che, superata una certa soglia di reddito pro capite, ulteriori aumenti diminuiscono l’indice della felicità. Questo è in netto contrasto con il modello di sviluppo attuale che prevede solo l’aumento del pil a discapito della felicità. Ultimo, la diffusione della cultura dell’individualismo libertario. Oggi siamo nel pieno della seconda rivoluzione individualista che punta all’autocostruzione del se, ciò significa dire che non può esistere nessuna autorità che limiti il singolo nella realizzazione delle proprie preferenze, queste sono quindi assimilate a diritti e leggi.”
Come spiegare quindi il momento economico attuale alla luce di queste problematiche? “Le teorie economiche – ha continuato Zamagni – sono ormai obsolete. Gli economisti continuano a utilizzare il paradigma dell’economia politica per guardare la realtà, sarebbe opportuno invece, un ritorno all’economia civile che ha come obiettivo la massimizzazione del bene comune e non del bene totale. La differenza è che, mentre l’economia politica si occupa di massimizzare il pil totale, l’economia civile si preoccupa anche che tale aumento sia a beneficio di tutti. Nell’economia politica viene quindi a mancare il principio di reciprocità che nasce dal principio di dono come gratuità. Bisogna dare più spazio al paradigma dell’economia civile così da riportare al centro l’uomo e non la massimizzazione del profitto fine a se stesso.”
19.11.2014