Il 21 marzo in ogni sede delle università italiane, statali e non statali, si terranno incontri e dibattiti pubblici per riaffermare il ruolo strategico della ricerca e dell’alta formazione per il futuro del Paese. A Verona l’appuntamento è alle 17.30, nel Palazzo della Gran Guardia dove il rettore Nicola Sartor accoglierà universitari, studenti, docenti, personale tecnico e amministrativo e cittadini per raccontare loro il perché di questa giornata di riflessione voluta con forza dalla Crui, conferenza dei rettori delle università italiane, per costruire la nuova primavera della ricerca e dell’università italiana. A seguire l’intervento di Massimo Delledonne, docente di Genetica di ateneo che parlerà di “GENI” nella ricerca. La medicina di precisione parte dalla lettura del DNA.
In apertura dell'evento i partecipanti osserveranno un minuto di silenzio in ricordo degli studenti Erasmus coinvolti nel terribile incidente avvenuto in Spagna.
Il 21 sarà, dunque, una giornata per discutere e raccogliere idee e proposte che saranno inserite in un documento di sintesi unitario che la Crui stessa consegnerà al Governo. "Dal 2008, infatti, il sistema universitario italiano – spiega una nota della Crui – è soggetto a tagli lineari e progressivi delle risorse. Una scelta politica trasversale che, in coincidenza con la drammatica crisi globale e l’adozione di una radicale riforma organizzativa, si è tradotta nella perdita di oltre 10.000 posizioni di ruolo solo tra quelle per docenti e ricercatori, ovvero tagli superiori al 13% del totale quando la media nel settore pubblico è stata ad oggi del 5%. Ma non solo. I tagli continui al fondo di finanziamento ordinario, l’assenza di un convinto investimento pubblico e privato nella ricerca e nell’alta formazione universitaria hanno determinato l’impossibilità di avviare nuovi percorsi di ricerca e di alta formazione, di investire in servizi e attività per gli studenti e nell’internazionalizzazione, di valorizzare il contributo della struttura tecnica e amministrativa. Ma soprattutto hanno significato l’impossibilità di reclutare studiosi giovani e meritevoli, il congelamento delle carriere e delle opportunità di crescita professionale, una condizione retributiva che disincentiva i migliori a restare e allontana i giovani talenti e gli studiosi stranieri, l’indebolimento del già precario e fragile diritto allo studio che sta riducendo iscritti e laureati. Ciò nonostante, il valore e la competitività scientifica delle nostre università è rimasta forte. E uniche tra le amministrazioni pubbliche le università sono finanziate sulla base dei costi standard e degli esiti delle valutazioni scientifiche. La società e l’opinione pubblica di tutto questo sanno poco. Non esiste sufficiente consapevolezza del valore, per il Paese, delle sue Università, anche rispetto al confronto internazionale, nonché del rischio di mettere, seriamente e definitivamente, in crisi un sistema che, nonostante tutto, continua a funzionare".
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11.03.16