Pubblicato sulla rivista open-access PlosOne uno studio coordinato da Paolo Bellavite del dipartimento di Medicina dell’università di Verona. Come riporta il titolo dell’articolo “Arnica montana stimulates extracellular matrix gene expression in a macrophage cell line differentiated to wound-healing phenotype” la ricerca si è concentrata sull’analisi dell’azione sull’espressione genica nei macrofagi umani dell’Arnica montana, pianta tradizionalmente utilizzata nella cura di traumi, in dosi omeopatiche. Lo studio è firmato anche da Marta Marzotto, Clara Bonafini, Debora Olioso, Anna Baruzzi sempre del dipartimento di Medicina, da Laura Bettinetti e Francesca Di Leva del dipartimento di Biotecnologie di Verona – Centro di Genomica Funzionale e da Elisabetta Galbiati del dipartimento di Biotecnologia e Bioscienze dell’università di Milano-Bicocca. La ricerca è frutto di un accordo di collaborazione scientifica tra università di Verona e Laboratoires Boiron di Lione.
“La collaborazione – spiega Bellavite – ha sviluppato un progetto ampio e articolato comprendente misure spettrometriche e di nanoparticelle, isolamento degli acidi nucleici, real-time PCR, sequenziamento completo del trascrittoma (RNA messaggero di tutte le specie prodotte dalle cellule), analisi bioinformatiche.”
L'Arnica montana è una pianta tradizionalmente utilizzata nella cura di traumi, ma finora si sapeva poco sul suo meccanismo d’azione a livello cellulare.
I ricercatori hanno utilizzato come modello una linea di cellule macrofagiche umane in coltura, differenziate con interleuchina-4 in modo da farle assomigliare a quelle che si trovano nelle ferite e nei traumi in via di guarigione. “In un primo lavoro avevamo dimostrato che in presenza di Arnica i macrofagi aumentano l’espressione di geni coinvolti nella sintesi delle chemochine, sostanze importanti per richiamare le cellule nel luogo della lesione e per promuovere la ricrescita dei vasi – precisa Bellavite – Visto il promettente risultato del primo studio, si è proceduto all’analisi della totalità dei geni espressi dai macrofagi (migliaia), con una tecnica chiamata “Next-generation sequencing”. Si è evidenziato l’aumento statisticamente significativo di 7 geni di cui 3 collegati alla matrice extracellulare del tessuto connettivo, come la fibronectina. L’importanza funzionale dell’effetto di Arnica è sottolineata anche dalla scoperta che se si opera artificialmente un graffio del monostrato cellulare, i macrofagi lo riparano più velocemente. Un altro punto importante è che gli stessi geni la cui espressione è influenzata da dosi alte (2c, vale a dire la seconda diluizione centesimale) risentono anche delle diluizioni omeopatiche più alte (3c, 5c, 9c, 15c), con intensità minore ma sempre statisticamente significativa”.
“In sintesi – conclude il docente – con le moderne tecniche di espressione genica si conferma che le cellule sono dotate di un’altissima sensibilità a livello della regolazione dell’espressione genica, tale da renderle capaci di rispondere alle dosi omeopatiche di medicinali. È suggestivo sapere che il DNA dei macrofagi umani è ultra-sensibile a tale tipo di regolazione da parte di una pianta conosciuta da secoli per le sue proprietà medicinali”.
14.11.2016