Le informazioni riguardo le modalità di come ci si allena sono più utili per il preparatore o per l’atleta? Quali sono gli effetti di una diversa intensità e distribuzione dei carichi di allenamento nei corridori amatoriali? Nel processo di training quotidiano, in che modo due differenti tipologie di allenamento, polarizzato e focalizzato, possono migliorare i fattori fisiologici e prestativi in atleti non professionisti?
Questi sono alcuni degli interrogativi che hanno mosso lo studio condotto da docenti e ricercatori di Scienze motorie del dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento dell’ateneo di Verona con la collaborazione delle università di Milano e Torino. La ricerca, condotta dai docenti Federico Schena, Cantor Tarperi e Antonio La Torre e dai ricercatori Luca Festa e Kristina Skroce, rende conto di alcuni interessanti risultati della terza edizione di Run4Science, il progetto scientifico, unico in Italia, sulla corsa a favore della conoscenza scientifica.
La rivista Frontiers dedica nel 2020 un’edizione speciale commemorativa (Frontiers in sports and active living: anniversary edition) ai nove articoli più scaricati e letti. Questo studio dal titolo Effects of Different Training Intensity Distribution in Recreational Runners del 2019, vedendo in pochissimo tempo 1700 download, si è aggiudicato la pubblicazione nell’edizione evento, nella sezione dedicata alla fisiologia dell’esercizio.
La distribuzione dell’intensità e dei carichi di allenamento gioca un ruolo chiave sia nella preparazione degli atleti di élite che amatoriali. È necessaria infatti una precisa valutazione di quella che è la “quantità” di esercizio fisico in relazione alle diverse necessità del soggetto. Il carico di allenamento è caratterizzato da diversi parametri quali intensità, densità, frequenza, durata, complessità e volume dello stimolo. Questo studio è incentrato sull’analisi del carico, prendendo in considerazione l’intensità e il volume dello stimolo (quantità totale di lavoro svolto), in due tipologie di allenamento: polarizzato e focalizzato.
L’obiettivo è il confronto di questi due tipi di training sui fattori condizionali e prestazionali nei corridori amatoriali. Se in letteratura ci sono diversi studi che confrontano le due tipologie nello sci di fondo e nel ciclismo in atleti professionisti, questa è una delle prime ricerche che si concentra sulla corsa di maratoneti amatoriali.
L’allenamento polarizzato si basa sulla suddivisione in due parti dell’esercizio fisico: la percentuale maggiore (circa l’80%) è riservata a un lavoro eseguito a bassa intensità; il restante (circa il 20%) ad alta intensità. Il focalizzato, invece, si caratterizza per tre fasi: bassa (circa il 45%), moderata (circa il 35%) e alta (circa il 20%). Esistono studi che evidenziano una maggiore efficacia del modello polarizzato negli atleti di élite e altri che sottolineano quanto la moderata e alta intensità siano essenziali perché coinvolgono una grande massa muscolare e questo potrebbe portare a una migliore resistenza alla fatica durante la performance di corsa.
Questa ricerca vuole vedere quali sono gli effetti della diversa distribuzione dell’intensità di carico in 38 atleti amatoriali per 8 settimane, in termini di parametri condizionali (forza, resistenza, velocità, flessibilità) e di prestazione. I corridori sono stati suddivisi in due gruppi e sottoposti a diverse misurazioni per valutare la performance: il massimo consumo di ossigeno, la soglia aerobica per la concentrazione di lattato e l’economia della corsa. Inoltre, prima e dopo una sessione di riscaldamento standardizzata, i soggetti hanno partecipato a una gara simulata di 2 km su 400 metri di pista da corsa e, poi, alla mezza maratona dell’evento Run4Science sostenuta dopo tutte le valutazioni di training. Ne è emerso che gli atleti sono ugualmente sensibili alle due diverse distribuzioni di intensità. Entrambi i gruppi hanno migliorato significativamente la velocità e la prestazione nei 2km e per tutti i parametri studiati nelle due tipologie di allenamento. La differenza riguarda il tempo. Gli atleti amatoriali, dedicando meno tempo all’allenamento rispetto ai professionisti, si avvantaggiano di più del modello focalizzato per massimizzare il tempo a disposizione.
“Lo sport praticato, soprattutto a livello amatoriale, ha estremamente bisogno conoscenza e di metodi, per abbandonare la prassi dell’improvvisazione o della non meno pericolosa emulazione. Questo studio, incentrato sulle metodologie di allenamento utile agli esperti, ai preparatori e agli allenatori, va proprio in questa direzione, inserendosi tra le numerose ricerche effettuate nell’ambito delle varie edizioni di Run4Science”, spiega Cantor Tarperi. “In prospettiva futura, c’è l’intenzione di aumentare il numero dei soggetti coinvolti e proporre uno studio, che partendo dai risultati qui ottenuti, analizzi su persone con caratteristiche differenti gli effetti di diverse combinazioni di stimoli di tipo eccentrico e concentrico”.
“Abbiamo constatato”, afferma Federico Schena, “una crescita esponenziale di atleti soprattutto amatoriali che sempre più spesso praticano la corsa in ambiente naturale e collinare e partecipano ad eventi ad essa dedicati. La prossima edizione di Run4Science, che si terrà il prossimo ottobre, si propone un confronto tra la corsa in piano su fondo artificiale (la classica maratona e mezza maratona) e la corsa su dislivelli naturali (la cosiddetta “trail running”) al fine di discriminare i differenti impegni metabolici, muscolari, biomeccanici e cognitivi e il diverso training che caratterizza le due tipologie di corsa”.