Le metastasi rappresentano la principale causa di morte dei pazienti affetti da cancro ma, sfortunatamente, il meccanismo molecolare alla base della loro formazione è ancora poco noto. Sempre maggiori evidenze indicano, nello sviluppo di nuove metastasi, un ruolo importante dei macrofagi, le cellule del sistema immunitario che si attivano nelle risposte di difesa dell’organismo.
I risultati dello studio multidisciplinare, coordinato dalla sezione di Immunologia dell’ateneo scaligero, guidata da Vincenzo Bronte, e pubblicati sulla rivista “Cancer Discovery”, dimostrano che la presenza della proteina chiamata DAB2 può predire la comparsa di metastasi. Ciò potrebbe aprire nuovi scenari terapeutici per prevenire la formazione delle metastasi.
L’articolo, dal titolo “The Disabled homolog 2 controls pro-metastatic activity of tumor-associated macrophages”, ha tra i primi coautori Rosalinda Trovato, borsista del dipartimento di Medicina dell’ateneo di Verona e Ilaria Marigo dell’Istituto oncologico veneto IOV-IRCCS. Del gruppo veronese fanno parte anche Francesca Hofer, Francesco De Sanctis, Stefano Ugel, Stefania Canè, Anna Simonelli, Federico Boschi, Rita T. Lawlor e Aldo Scarpa.
“In questo lavoro abbiamo scoperto che la proteina DAB2 (disabled 2 mitogen-responsive phosphoprotein), coinvolta nell’endocitosi, è altamente espressa nei macrofagi associati a tumore e la sua rimozione genetica in queste cellule riduce significativamente la formazione delle metastasi polmonari in animali di laboratorio con vari tipi di tumore”, spiega Vincenzo Bronte. “I macrofagi che posseggono DAB2 sono prevalentemente localizzati lungo il fronte di invasione del tumore, dove partecipano al ricircolo delle integrine, speciali recettori localizzati sulle membrane cellulari e coinvolti nell’attivazione di segnali. Questi macrofagi DAB2+ sono anche coinvolti nel rimodellamento della matrice extracellulare e guidano la disseminazione delle cellule tumorali, attraverso un meccanismo mediato dai fattori di trascrizione YAP/TAZ. Abbiamo, infine, identificato DAB2 come potenziale marcatore prognostico per la stratificazione dei pazienti affetti da diverse neoplasie umane: infatti, la presenza dei macrofagi DAB2+ correla con una prognosi negativa nei tumori lobulari del seno e nel carcinoma allo stomaco”.
In questo complesso studio sono state impiegate tecniche innovative di biologia molecolare quali il sistema di delezione genica CRISPR/Cas9, l’analisi genomica di singole cellule (sc-RNAseq), metodi di imaging in vivo, di microscopia confocale e due fotoni, tecniche di biologia cellulare e di valutazione della migrazione cellulare.
“Il nostro studio mette ulteriormente in evidenza il ruolo fondamentale del sistema immunitario e delle cellule mieloidi nel processo metastatico”, conclude Bronte. “Abbiamo, infatti, identificato per la prima volta come il ruolo svolto dalla proteina DAB2 nel rimodellamento della matrice extracellulare presente nel tumore sia fondamentale nel processo metastatico. DAB2 diventa, quindi, un potenziale bersaglio su cui investire per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici per prevenire la formazione di metastasi, possibilmente da impiegare in combinazione con l’immunoterapia. Inoltre, l’espressione della proteina DAB2 nei macrofagi associati al tumore, rappresenta un potenziale marcatore da utilizzare per definire la prognosi dei pazienti con diversi tipi di neoplasie”.
Il progetto ha visto la collaborazione dell’università di Verona con numerosi partner: l’Istituto oncologico veneto IOV-IRCCS, di Padova, il dipartimento di Medicina e scienze dell’invecchiamento del Center for Advanced Studies and Technology (Cast) dell’università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara, il dipartimento di Medicina, il dipartimento di Fisica e Astronomia “G. Galilei” e il dipartimento di Medicina molecolare dell’università di Padova, l’Istituto di ricerca pediatrica Città della Speranza di Padova, il Broad Institute of MIT and Harvard, Cambridge, Massachusetts USA, l’Ifom di Milano, l’Istituto per l’Oncologia molecolare di Padova, ARC-Net Ricerca Applicata sul Cancro dell’università di Verona, la Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli, l’università cattolica del Sacro Cuore di Roma, il dipartimento di Scienze della vita, il Centro per la ricerca sul genoma, dell’università di Modena e Reggio Emilia e il Max Planck Institute for Biochemistry.
La ricerca è stata sostenuta da Fondazione AIRC per la ricerca sul Cancro, dal Cancer Research Institute, da Fondazione Cariverona con il bando Ricerca Scientifica 2017, dal Qatar National Priority Research Program 2017, dai Fondi istituzionali dell’università cattolica del Sacro Cuore, dall’Euronanomed III, e dall’IOV 5×1000 Intramural Research Grant Project.