Con oltre 101 milioni di voti espressi in anticipo di persona o per posta prima ancora che le urne si aprissero, la campagna presidenziale americana del 2020 ha avuto la più alta affluenza da oltre un secolo.
Già dalle prime dichiarazioni di Joe Biden nel suo ruolo di Presidente Eletto, sembra essere finito il tempo degli insulti, del linguaggio grezzo e della voce grossa, della caccia al nemico e delle sfide aperte, che hanno dominato il primo dibattito presidenziale tra Donald Trump e Joe Biden.
Così come già dalle prime dichiarazioni di Kamala Harris nel suo ruolo di Vice-presidente in pectore, sembra chiaro che la nuova leadership americana voglia far leva sul lessico della democrazia, del rispetto, della conciliazione e dell’unità – valori che già trasparivano dall’unico dibattito vicepresidenziale tra Mike Pence e Kamala Harris.
La vittoria di Joe Biden comporterà nuove posizioni sulle principali questioni nazionali e internazionali: rilancio della riforma sanitaria, miglioramento della tutela ambientale, recupero delle alleanze internazionali, risanamento delle divisioni sociali e definizione di un nuovo piano fiscale. Questi sogni ambiziosi dovranno necessariamente fare i conti con l’incubo dell’attuale pandemia che sta attanagliando il mondo e che negli Stati Uniti ha raggiunto livelli senza precedenti, con oltre 100 mila nuovi contagi giornalieri.
Ma Joe Biden non è solo – e non è il solo ad aver vinto: Kamala Harris è lì per condividere sia l’onere che gli onori. Harris ha un background familiare multirazziale ed entra nella storia come la prima donna in assoluto a diventare vicepresidente degli Stati Uniti, incrinando vistosamente quel soffitto di cristallo così tanto criticato, ma così poco scalfito – fino ad ora. – Roberta Facchinetti, docente di Lingua e Linguistica inglese nel dipartimento di Lingue e letterature straniere