Quali sono le criticità che devono affrontare pazienti affetti da Covid-19 con l’aggravante di obesità? Risponde a questa domanda lo studio dell’ateneo di Verona, pubblicato sulla rivista Frontiers Physiology dal titolo “Intermuscular Adipose Tissue as a Risk Factor for Mortality and Muscle Injury in Critically Ill Patients Affected by Covid-19”. È un lavoro che fa seguito ad un precedente articolo pubblicato lo scorso marzo sulla rivista Nutrition Metabolism Cardiovascular Disease sull’aumentato rischio di mortalità in rianimazione per i soggetti con obesità.
Lo studio, di cui primo autore e autore corrispondente è Andrea P. Rossi, dell’Healthy Aging Center di ateneo e direttore dell’Unità di Geriatria dell’ospedale Cà Foncello di Treviso, è stato realizzato in collaborazione con Leonardo Gottin, docente di Anestesia e rianimazione in ateneo e direttore della Terapia intensiva cardiotoracica e vascolare dell’ospedale di Borgo Trento, Enrico Polati, direttore della sezione di Anestesia e rianimazione, Katia Donadello e Vittorio Schweiger, docenti di Anestesia e rianimazione, Giulia Zamboni, docente di Diagnostica per immagini e radioterapia e Mauro Zamboni, direttore della sezione di Geriatria e dell’Healthy Aging Center. La ricerca ha avuto l’obiettivo di indagare sulle relazioni tra obesità, composizione corporea ed outcome di sopravvivenza in pazienti ospedalizzati in rianimazione.
“In questo secondo lavoro, in una popolazione di 156 soggetti ricoverati nella Terapia intensiva di Verona durante la prima e seconda ondata di Covid-19, è stato rilevato che avere un’elevata infiltrazione di grasso all’interno del muscolo, valutato mediante Tac, determina un rischio aumentato di 4 volte di decesso nei primi 28 giorni di ricovero”, spiega Leonardo Gottin.
“Inoltre, i soggetti con obesità presentano maggiori danni a carico del muscolo con conseguente miopatia post-Covid rispetto ai soggetti normopeso”, conferma Katia Donadello, “documentato da un aumento dei livelli di creatinfosfochinasi osservato durante i primi giorni di ricovero”.
“Abbiamo quindi osservato che l’infiammazione subclinica, associata ad un profilo di composizione corporea sfavorevole, tipico del paziente obeso, viene amplificato dal Sars-Cov2 e si riflette in una maggiore mortalità intraospedaliera, determinando inoltre danno muscolare con più lento recupero funzionale post-Covid”, conclude Andrea P. Rossi.
Inoltre, lo studio della composizione corporea può rivelarsi utile per predire l’evoluzione del Covid-19 nei soggetti in condizioni critiche e per pianificarne il più idoneo percorso di recupero funzionale al termine della fase acuta.
DOI: 10.3389/fphys.2021.651167