Il motivo della maggiore infettività di Omicron? Sta tutta nel naso e nella gola. A confermare questa ipotesi un recente studio clinico pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Journal of Infection e curato dall’università di Verona in collaborazione con l’ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda.
La ricerca dimostra come soggetti infettati dalla nuova variante di SARS-CoV-2, presentano una carica virale molto elevata proprio in naso-faringe, fino a quattro volte superiore rispetto ai soggetti colpiti dalle precedenti varianti di Alfa e Delta. Non solo, proprio l’alta concentrazione nelle alte vie respiratorie permetterebbe al sistema immunitario di fare da “barriera” rendendo più difficoltoso il passaggio dell’infezione ai polmoni.
Lo studio clinico, coordinato da Giuseppe Lippi presidente della Scuola di Medicina e chirurgia dell’ateneo scaligero è stato condotto da Gian Luca Salvagno, docente di Biochimica clinica e direttore del Laboratorio Analisi dell’ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda e da Martina Montagnana, docente di Biochimica clinica dell’università in collaborazione con Brandon M. Henry, ricercatore del Texas Biomedical Research Institute di San Antonio.
“Proprio l’elevata carica virale nel naso-faringe contribuirebbe a spiegare la maggior infettività osservata in molti studi epidemiologici della variante Omicron – spiegano i ricercatori – così come la sua intensa diffusibilità in circostanze favorevoli al contagio, ad esempio durante raduni di massa senza che le persone utilizzino le mascherine. Contestualmente, la dimostrazione di una superiore capacità replicativa del virus nelle alte vie respiratorie contribuirebbe a giustificare la minor severità osservata in pazienti con infezione da variante Omicron rispetto ai precedenti stipiti virali, poiché ciò consentirebbe al sistema immunitario di reagire più rapidamente ed efficacemente al virus, prima che l’infezione interessi diffusamente i polmoni”.