Gli ecosistemi delle grotte sono tra i meno conosciuti sulla Terra e, finora, solo l’11% circa delle grotte è stato studiato biologicamente. La loro esplorazione è quindi potenzialmente ricca di possibilità per la scoperta di nuove specie animali.
La National Geographic Society ha approvato un progetto a cui partecipa l’università di Verona, con il genetista Massimo Delledonne, che prevede l’esplorazione delle regioni carsiche del Caucaso occidentale in Georgia, uno dei punti più ricchi di biodiversità sotterranea. Il progetto finanziato rientra fra i finanziamenti di livello II, ovvero estremamente competitivi e riservati a quei progetti che sono in grado di spingere in avanti i limiti della conoscenza.
L’obiettivo principale del progetto è studiare la biodiversità, la tassonomia, l’ecologia degli invertebrati, come coleotteri, collemboli, diplopodi, crostacei, che vivono nelle grotte carsiche e conglomerate della Georgia.
“Si tratta di un progetto davvero estremo da realizzare”, spiega Delledonne. “Una precedente esperienza è stata fatta dal nostro gruppo nel 2019 in Montenegro, ma si trattava più che altro di una prova generale. Ora partirà il progetto vero e proprio, con due spedizioni da 15 giorni ciascuna, una nel 2022 e una nel 2023 nelle grotte georgiane con l’obiettivo di campionare gli invertebrati nelle grotte e studiare i parametri ambientali. Esploreremo circa 30 grotte orizzontali e verticali nelle regioni di Racha-Lechkhumi, Imereti e Samegrelo, Georgia occidentale. Alle spedizioni parteciperanno anche studenti locali come assistenti e speleologi locali come consulenti. “Noi ci occuperemo di Dna barcoding ovvero di catalogare, mediante sequenziamento del Dna, gli organismi che troveremo nelle grotte”.
L’estrazione del Dna, così come l’amplificazione ed il sequenziamento del gene “Coi”(il codice a barre di numerosi organismi viventi) saranno eseguiti all’interno della grotta. Ulteriori indagini molecolari, incluso il sequenziamento del Dna per scopi filogenetici e filogeografici di alcuni gruppi di invertebrati selezionari, saranno poi condotte al Museo statale di Storia naturale di Stoccarda e all’Università di Verona che accoglieranno e formeranno anche due studenti georgiani.
“Il progetto si svolgerà in un ambiente davvero estremo”, prosegue Delledonne, “alcune delle grotte selezionate, oltre ad essere difficilmente raggiungibili, sono inaccessibili senza attrezzatura speleologica o subacquea. Avremo speleologi e subacquei locali esperti come consulenti nel progetto, che sono formati nel campionamento di invertebrati cavernicoli e che ci aiuteranno a campionare. Inoltre, in alcune grotte sono presenti fiumi sotterranei con anche un rischio di esondazione che richiederanno una pianificazione molto attenta delle attività”.
Il progetto è realizzato in collaborazione tra l’università di Verona, l’Ilia State University di Tbilisi, in Georgia, l’università di Belgrado, il Museo di storia naturale di Stoccarda, la P. J. Šafárik University di Šrobárova, Slovacchia e la Federal Scientific Center of the East Asia Terrestrial Biodiversity
Dal 4 al 29 maggio, inoltre, il gruppo di ricerca di Delledonne affronterà una nuova sfida, spingendosi ancora più a est, nel deserto del Gobi in Mongolia. Una spedizione scientifica di 25 giorni, organizzata dall’Università di Firenze e dall’Università di Verona, porterà un gruppo di 14 scienziati e 3 persone di supporto in una delle regioni più remote e meno densamente popolate del pianeta: il Deserto del Gobi. La missione del gruppo è l’esplorazione della biodiversità faunistica e microbica del Grande Gobi, l’obbiettivo principale è la cattura di pipistrelli e la caratterizzazione dei loro coronavirus grazie al laboratorio portatile di sequenziamento del Dna messo a punto dall’università di Verona. Questa spedizione sarà fisicamente impegnativa, il gruppo viaggerà lontano dalla civiltà in completa autonomia per più di 2 settimane e con risorse idriche razionate.