L’obesità infantile e adolescenziale ha un impatto importante sullo stato patologico a lungo termine e sulla mortalità dei più giovani in tutto il mondo. Nella maggior parte dei casi, questa condizione persiste dall’adolescenza all’età adulta, associandosi a ipertensione, alterato metabolismo del glucosio e disagio sociale. Le due giornate di studio che si terranno giovedì 16 e venerdì 17 giugno, nell’auditorium Domus Mercatorum della Camera di commercio di Verona, Corso Porta Nuova 96, saranno incentrante proprio sulla presentazione dei dati scientifici più recenti su tre diversi temi: la diagnosi e il ruolo della genetica nell’obesità infantile e adolescenziale, i disturbi metabolici più comuni associati alla condizione medica e le ultime notizie su trattamento e motivazione alla cura. Coordinatore scientifico del congresso è Claudio Maffeis, docente di Pediatria generale e specialistica, direttore di Pediatria B e del Centro regionale specializzato per la Diabetologia pediatrica dell’Aoui di Verona.
“In Italia – spiega Maffeis – a dieci anni, un terzo dei bambini ha problemi di peso: il 20% sono in sovrappeso e il 10% soffre di obesità. È necessario che il trattamento sia tempestivo e adeguato, perché, in almeno un caso su due, l’obesità in adolescenza persiste nell’età adulta. Inoltre, il peso in eccesso già nei più giovani si può accompagnare a complicanze metaboliche, come
ipertensione arteriosa, aumento dei trigliceridi e del colesterolo, steatosi epatica, intolleranza al glucosio e diabete, e non metaboliche, tra cui problemi psicologici quali bassa autostima, depressione, autoisolamento, oltre a stigma sociale e bullismo, che riducono stato di salute e qualità della vita. Per troppo tempo la persona con obesità è stata definita pigra e golosa. Al contrario, consistenti evidenze scientifiche dimostrano che si tratta di una malattia vera e propria caratterizzata da una predisposizione genetica usualmente legata a più geni che, complessivamente, agiscono contribuendo ad alterare il sistema di regolazione fame/sazietà. L’ampia disponibilità di cibo e la sedentarietà agiscono da fattore scatenante. Alcuni geni sono addirittura responsabili diretti di alcune forme di obesità grave e per alcune di esse è ora disponibile una terapia. La diagnosi è possibile con test specifici eseguiti nella Pediatria B dell’Ospedale Donna Bambino di Verona”.
La prima giornata di studi sarà incentrata sul tema dell’obesità infantile. Curare l’obesità non è facile, prevede un’azione a lungo termine su tutti gli aspetti della vita del bambino e dell’adolescente ma anche dei genitori: alimentazione, attività motoria, stile di vita. Per migliorare l’efficacia del trattamento è indispensabile un maggior coinvolgimento diretto di chi si prende cura
del bambino e dell’adolescente, a partire da genitori, familiari, insegnati, istruttori sportivi, del pediatra o del medico curante, oltre che del paziente. A confermarlo, i risultati dallo studio internazionale “Action teens”, condotto in dieci paesi dei cinque continenti, con la partecipazione di Claudio Maffeis nel comitato scientifico del progetto in rappresentanza dell’Italia. Lo studio sarà presentato, per la prima volta nel nostro Paese, durante il congresso scaligero.
“Action teens – spiega Maffeis – ha coinvolto circa 13 mila persone, di cui oltre 5 mila bambini e adolescenti con obesità, 5400 genitori e caregivers, e più di 2mila operatori sanitari, con lo scopo di identificare le percezioni, le attitudini, i comportamenti e gli ostacoli per la cura dell’obesità e capire in che modo questi fattori influenzino la sua gestione. Il quadro che ne è emerso è
estremamente interessante e in parte sorprendente. Ad esempio, un adolescente su quattro non si rende conto di essere obeso e in un caso su tre non riesce a parlare del proprio peso direttamente con i genitori o con il pediatra/medico curante. In due terzi dei casi ritiene che la perdita di peso sia una propria esclusiva responsabilità. Spesso ricorre ai social media per cercare aiuto. Un
genitore su tre fatica a riconoscere l’obesità del proprio figlio e quando viene contattato il curante, nell’80% dei casi l’adolescente presenta già almeno una complicanza dell’obesità. Un genitore su tre attribuisce all’adolescente la piena responsabilità per la perdita di peso, sottostimando l’importanza del proprio ruolo al riguardo”. Dallo studio emerge, inoltre, l’esigenza segnalata da
parte di più dell’80% dei medici intervistati di ricevere una maggiore formazione specifica sull’obesità del bambino e dell’adolescente per poter fornire un’assistenza più efficace.
Il secondo focus importante del congresso riguarderà il diabete tipo 1, tipico dell’età pediatrica, che in Italia interessa una persona su 800 di età compresa tra gli 0 e i 18 anni. Questa forma di diabete necessita della somministrazione di insulina più volte al giorno e del controllo costante della glicemia. Tre le principali novità per il trattamento di questa malattia, su cui gli esperti si confronteranno nel corso della giornata del 16, pancreas artificiale, nuovi analoghi dell’insulina umana e alimentazione.
Per pancreas artificiale s’intende l’integrazione tra sensori per la rilevazione in continuo della glicemia, micropompe per l’iniezione dell’insulina e l’applicazione di algoritmi altamente efficienti, che ha consentito, in tempi recenti, un’elevata automatizzazione della somministrazione dell’insulina. “La quantità di insulina iniettata in continuo dalla micropompa – precisa il professore – viene modificata in automatico dall’algoritmo in base ai valori della glicemia registrati dal sensore sottocutaneo con eventuale stop e ripartenza dell’infusione, sempre in modo automatico. Questo riduce moltissimo i rischi di ipoglicemia e di iperglicemia, con tutte le conseguenze a essi associate. Il pancreas artificiale è ormai una realtà e il suo uso comporta un ottimo miglioramento del controllo glicemico e della qualità di vita dei pazienti, anche dei piccolissimi, e dei loro famigliari. Una rivoluzione nel trattamento del diabete impensabile solo fino a pochi anni fa”.
Nuovi analoghi dell’insulina umana: la continua ricerca per fornire insuline sempre più maneggevoli e rispondenti alle esigenze dei pazienti ha reso disponibili nuove formulazioni di insulina (analoghi di seconda generazione) a breve e lunga durata d’azione anche per i bambini. Queste insuline si caratterizzano per una maggiore efficienza nel controllare la glicemia, una maggiore flessibilità d’uso, e un minor rischio di ipoglicemia, rendendo il trattamento più efficace e sicuro.
Alimentazione: il ruolo dell’alimentazione per prevenire le complicanze cardiovascolari è ben noto nella popolazione generale ed è ancor più importante nelle persone con diabete in cui le alterazioni del metabolismo del glucosio costituiscono di per sé un fattore di rischio importante. Mangiare bene e sano è cruciale. Vietare i carboidrati a chi ha il diabete è sbagliato: importante invece è chiarire bene quali carboidrati, quanti, quando e come assumerli.