A rischio la salute dei residenti nel distretto sanitario di Viadana, nella provincia di Mantova, in particolare dei bambini. È stato pubblicato lo studio che da alcuni anni l’ateneo di Verona sta portando avanti, analizzando l’incidenza di disturbi respiratori e allergici nella zona, e i risultati sono più chiari di quanto fosse emerso dai dati preliminari. Viadana è il più grande polo industriale italiano per la produzione del pannello truciolare, una zona di 363 km quadrati che comprende 10 Comuni e 47mila abitanti, in cui l’elaborazione di questo materiale causa l’emissione di notevoli quantità di polvere di legno, formaldeide e altri inquinanti atmosferici.
Le nuove analisi, condotte da ricercatori dell’università di Verona, coordinati da Alessandro Marcon, ricercatore di Epidemiologia e Statistica medica, in collaborazione con l’Osservatorio epidemiologico dell‘Ats, Agenzia di tutela della salute della Val Padana, hanno focalizzato l’attenzione sull’area del distretto più vicina alle aziende del pannello truciolare, un territorio più omogeneo per caratteristiche sociodemografiche della popolazione residente e anche per l’accuratezza delle stime di esposizione ottenute dai modelli. L’area a sud del distretto di Viadana, infatti, è densamente popolata e ospita due industrie del pannello truciolare, dotate di impianti chimici per la produzione di resine urea-formaldeide (l’agente legante più utilizzato nel pannello truciolare), stabilimenti di produzione e stoccaggio di pannelli truciolari e piccoli inceneritori. La ricerca è stata pubblicata recentemente sulla rivista scientifica ‘Science of the Total Environment‘.
La ricerca
L’approfondimento dello studio Viadana III, finanziato dall’Ats, Agenzia di tutela della salute della Val Padana, e dal dipartimento di Diagnostica e Sanità pubblica dell’università di Verona, con il supporto di Egon Solutions per la geocodifica della popolazione residente, ha confermato i dati della ricerca già pubblicati nel report finale, i quali evidenziavano che maggiore è la vicinanza alle fabbriche maggiore è l’impatto in termini sanitari sulla popolazione residente. La nuova ricerca ha riscontrato, infatti, che le concentrazioni di biossido di azoto e polveri sottili sono più elevate nelle aree del distretto più vicine alle aziende del pannello truciolare. Lo spazio preso in analisi si colloca nella Pianura Padana, una delle aree più inquinate d’Europa e, anche considerando le zone del distretto più lontane dagli impianti industriali, le concentrazioni di polveri sottili e biossido di azoto sono risultate drammaticamente alte. Non diversamente da altre aree della Pianura, le concentrazioni annue di biossido di azoto e polveri sottili sono risultate da 2 a 5 volte superiori alle soglie attualmente raccomandate dall’Organizzazione mondiale della Sanità nella sua revisione delle linee guida sulla qualità dell’aria di settembre 2021. I valori medi annui delle polveri sottili stimati per l’area sono stati di circa 25 microgrammi per metro cubo per il PM2.5 e 37 microgrammi per metrocubo per il PM10, per quanto riguarda il biossido di azoto il valore è stato di 26 microgrammi per metrocubo, ben oltre i limiti di concentrazioni massime raccomandati dall’Oms.
Per quanto riguarda la popolazione pediatrica, i dati del periodo 2013-2017 confermano il maggiore ricorso al pronto soccorso per problemi respiratori (+51%) e visite specialistiche pneumologiche (+87%) di bambini e ragazzi che vivono in un raggio di due km dalle aziende rispetto ai bambini lontani dalle fabbriche, già evidenziati nella precedente ricerca Viadana III.
Lo studio ha inoltre documentato una relazione tra esposizione agli inquinanti atmosferici, stimata agli indirizzi di residenza, ed esiti ricavati dalle banche sanitarie, che si è dimostrata più chiara e significativa nell’area di quattro km attorno ai due grandi impianti del pannello truciolare. In quest’area si è infatti evidenziato un eccesso di ricoveri ospedalieri, esito sanitario indicativo di problemi respiratori più seri rispetto a quelli che portano il paziente a rivolgersi allo specialista o alla visita in pronto soccorso.
“Questi risultati, combinati con le evidenze di studi precedenti, invitano a intervenire urgentemente per migliorare la qualità dell’aria nel territorio anche attraverso misure di prevenzione mirate a ridurre le emissioni legate alle attività industriali. La nostra ricerca – continua Alessandro Marcon – è quindi uno stimolo a perseguire un miglioramento della qualità dell’aria in Pianura Padana, agendo su tutti i fronti possibili. Il monitoraggio delle attività industriali e il miglioramento degli standard produttivi è uno di questi. Estremamente importanti, su scala regionale, sono il controllo delle emissioni derivanti dal traffico veicolare, uno dei pochi settori emissivi in continua crescita dagli anni Novanta, dal riscaldamento domestico, spesso si trascura quanto la combustione della legna sia impattante sulla qualità dell’aria, dall’allevamento e dall’agricoltura intensiva, che è un’importante fonte di particolato secondario”.
Alla ricerca hanno lavorato Francesca Locatelli, Pierpaolo Marchetti e Silvia Panunzi della Sezione di Epidemiologia e Statistica medica diretta da Giuseppe Verlato, del Dipartimento di Diagnostica e Sanità pubblica.
Lo studio è risultato possibile anche grazie alle collaborazioni nazionali e internazionali tra cui quella con l’università di Basilea e Swiss Tropical and Public Health Institute, il dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, l’Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia Romagna e il Servizio di epidemiologia e comunicazione, Ausl di Reggio Emilia.
Guarda il contributo di Alessandro Marcon, coordinatore dello studio per Univr