I traumi dentali e orofacciali rappresentano eventi traumatici di grande impatto che riguardano adulti ma soprattutto bambine, bambini, ragazze e ragazzi. Secondo i dati riportati dalla Società italiana di pediatria preventiva e sociale, nei Paesi industrializzati un soggetto su cinque, prima di uscire dal percorso scolastico, ha avuto una lesione traumatica a carico dei denti permanenti. I dati sulla frequenza di traumi dento-alveolari nella popolazione giovanile, tra gli 1 e i 21 anni, identificano i maggiori picchi di trauma dentale in alcuni range di età̀: 1 – 3 anni con il 30% di casi; 8 – 11 anni con il 20% di bambine e bambini coinvolti in traumi della dentizione mista; 16 – 21 anni quando il 15% di ragazze e ragazzi hanno riportato un trauma della dentizione permanente. Questi dati sono destinati ad aumentare in considerazione dell’aumento del dinamismo della vita quotidiana, del maggior coinvolgimento di bambini e bambine in attività̀ sportive agonistiche e dato l’aumentato uso di veicoli motorizzati da parte degli adolescenti. Un importante problema di salute pubblica che va affrontato con urgenza attraverso interventi di prevenzione e campagne di sensibilizzazione e informazione.
In linea con questo obiettivo, il 21 settembre di ogni anno l’International Association in Dental Traumatology, Iadt e la Società italiana di traumatologia dentale, Sitd, organizzano il “Global Dental and Oral Trauma Day“, una giornata speciale per promuovere e incoraggiare la prevenzione e la corretta gestione delle lesioni traumatiche dentali e orali in tutto il mondo. La giornata ha, inoltre, il patrocinio dell’Istituto stomatologico italiano, dell’Odontoiatria materno infantile e della Società italiana di odontoiatria infantile.
“Prevenire la traumatologia della prima infanzia – spiega Nicoletta Zerman, presidente della Sitd e promotrice della giornata di prevenzione per l’università di Verona – significa non solo tutelare la salute del cavo orale ma anche il benessere globale di bambine, bambine e adolescenti. Per questo il nostro ateneo è in prima linea nella promozione di interventi preventivi il 21 settembre, attraverso una campagna informativa e di sensibilizzazione, e ogni giorno con le attività di formazione e ricerca dedicate a questo importante campo della salute pubblica”.
Ma quali sono le azioni che devono essere messe in atto dal personale sanitario, dai genitori e dal personale educativo e sportivo per prevenire il danno da trauma dentale?
“Per partire con il giusto approccio – aggiunge Zerman – è necessario definire il trauma come un evento non necessariamente accidentale. Il trauma non è accidentale quando l’adulto di riferimento consente che il trauma accada. Ci sono piccoli e grandi accorgimenti che, se messi adeguatamente in atto sono più che sufficienti per ridurre il rischio di traumatismo nei bambini. Gli eventi traumatici possono verificarsi nell’ambiente domestico per la presenza di scale, pavimento bagnato, spigoli appuntiti, nell’ambiente scolastico, in quello sportivo a causa da urti, gomitate e cadute e durante il tempo libero, in occasione di passeggiate in bicicletta, nei boschi, sulla spiaggia, per l’uso di pattini a rotelle, skate board e monopattini per esempio. In tutti questi casi affinché l’adulto di riferimento possa mettere in atto azioni di prevenzione primaria è necessaria una corretta informazione che deve essere veicolata tra gli odontoiatri pediatrici, gli igienisti dentali, i genitori, gli insegnanti scolastici e quelli sportivi, tutti in collaborazione con i pediatri di famiglia. La prevenzione secondaria, invece, compete al personale sanitario che interviene quando il danno si è verificato e consiste in un’attenta valutazione clinica e un corretto trattamento del trauma. La prevenzione terziaria è di stretta pertinenza odontoiatrica e ha l’obiettivo di ridurre le complicanze e provvedere all’ottimo ripristino della funzione masticatoria e al recupero estetico”.
Prevenire, quindi, significa fornire la massima quantità di informazioni a tutti coloro che hanno la possibilità di intervenire e che la rete delle figure di riferimento che ruotano attorno a bambini, bambine, ragazzi e ragazze collaborino anche per individuare e prevenire segnali di possibile disagio.
“In alcuni di questi casi, purtroppo, – chiosa Zerman – il trauma dentale è sintomo di maltrattamento o abuso subito dal bambino. Un dramma ancora più difficile da riconoscere e comprendere, specialmente quando i soggetti sono molto piccoli e non hanno la possibilità di esprimersi. Nei casi dubbi sono necessari passaggi progressivi: il primo sospetto deve nascere quando tutto l’insieme del caso è non chiaro e se ci sono determinati parametri, codificati, che fanno nascere il dubbio. La prima azione da compiere è mettersi in contatto con il pediatra curante, che può rassicurare ed effettuare una visita più approfondita per scoprire se ci sono altri segni che possono indicare presunti abusi. Occorre notare anche come reagisce la famiglia a questo tipo di richiesta. Bisogna poi stare vicini al bambino e seguirlo con controlli a brevissima distanza. Se il sospetto diventa più di un sospetto, c’è l’obbligo di denuncia alle autorità giudiziarie, che provvederanno a intervenire anche attraverso gli assistenti sociali. Per prevenire queste situazioni servirebbe coinvolgere gli insegnanti di asili nido e scuole materne, cercando di creare una rete di conoscenza capillare”.
Roberta Dini