L’ateneo scaligero e Sapienza Università di Roma, insieme ad altre università italiane, stanno lavorando a un progetto per trasformare i rifiuti urbani in bioplastiche. Si tratta di Res Urbis, “REsources from URban BIo-waSte”. Coordinato da Mauro Majone (Sapienza), il progetto è stato selezionato come Showcase per la Bioeconomy Week in programma a Bruxelles dal 14 al 17 novembre.
La finalità di Res Urbis è la valorizzazione degli scarti urbani di origine organica mediante trasformazione in bio-polimeri per la produzione di plastiche ecocompatibili ed è finanziato dalla Comunità Europea, all’interno del programma Horizon 2020, con 3 milioni di euro. Il progetto si inquadra nelle azioni di ricerca e sviluppo specificamente finalizzate a promuovere l’Economia circolare, con il duplice obiettivo di minimizzare i quantitativi di rifiuti da smaltire in discarica e di ottenere nuovi prodotti bio ed eco-compatibili usando gli stessi scarti come risorse rinnovabili alternative al petrolio.
Per l’ateneo scaligero sarà coordinatore locale David Bolzonella del dipartimento di Biotecnologie, con il supporto dei suoi collaboratori Natalia Herrero Garcia e Giuseppe Strazzera, con la collaborazione dei docenti Ivan Russo, del dipartimento di Economia aziendale e Andrea Caprara e Sergio Moro, del dipartimento di Scienze giuridiche, a dimostrazione che l’integrazione di più discipline è elemento imprescindibile per queste tipologie di progetti dal momento che queste tematiche richiedono un approccio sistemico e fortemente multidisciplinare per la ricerca di approcci realmente innovativi, come ci racconta Bolzonella.
“La transizione da un’economia di tipo lineare, in cui le risorse vengono utilizzate per produrre beni che alla fine del loro ciclo di vita vengono smaltite in modo massivo, ad un modello di tipo circolare, in cui le risorse vengono riutilizzate indefinitamente, con enormi benefici per l’ambiente, passa necessariamente per il recupero dei rifiuti organici prodotti nelle nostre città”, spiega Bolzonella. “In questo progetto si vuole sviluppare una filiera tecnologica innovativa per la valorizzazione integrata dei vari scarti organici di origine urbana quali i rifiuti municipali e i fanghi di depurazione delle acque reflue municipali. L’obiettivo principale è quello di convertire queste tipologie di scarti urbani in bioplastiche con applicazioni nei settori dell’imballaggio (film biodegradabili e compositi), della produzione di beni di consumo durevole quali ad esempio i telai di computer, tablet e telefoni, oppure elementi per l’interior design come lampade e sedie. Tutti i flussi residui dal processo per la produzione delle bio-plastiche andranno, come già oggi accade con i rifiuti organici raccolti separatamente, verso la produzione di biogas (metano) e compost, per una valorizzazione di secondo livello. E’ evidente quindi la necessità di affrontare, oltre alle tematiche prettamente tecnologiche, quegli aspetti legati alla accettabilità sociale e del mercato per i nuovi prodotti, oltre che agli aspetti normativi dal momento che si parte da un rifiuto e si arriva a un prodotto da immettere sul mercato. Precedenti studi”, conclude Bolzonella, “ci dicono peraltro che non si hanno problematiche di trascinamento di inquinanti o organismi patogeni dal rifiuto al prodotto finale, a conferma del fatto che l’approccio proposto può risultare vincente”.
“Ognuno dei 300 milioni di europei che vivono in aree urbane – spiega Mauro Majone, – produce in media ogni giorno più di 100 grammi di sostanza organica di scarto, il cui recupero e valorizzazione è attualmente piuttosto limitato; questo rende evidente che il potenziale impatto applicativo di Res Urbis è molto elevato. Le ricadute ambientali, economico e occupazionali che possono derivare dalla messa a punto di tecnologie innovative che consentano la trasformazione di quest’enorme flusso di materiale organico in prodotti utili e con effettivo valore di mercato sono estremamente positive. Allo stesso tempo, il progetto punta a sviluppare tecnologie tali da consentirne l’integrazione con la riqualificazione di impianti tradizionali per la depurazione delle acque e/o il trattamento dei rifiuti”.
Alla ricerca partecipano anche l’università di Bologna (coordinatore locale Lorenzo Bertin) e la Ca Foscari di Venezia (coordinatore locale Paolo Pavan) e 21 partner tra imprese, associazioni e amministrazioni pubbliche provenienti da 8 Paesi europei