Il mantenimento della distanza fisica si è rivelato una delle misure più efficaci nel contenimento della pandemia da Covid-19. Monitorare il rispetto di tale misura precauzionale sta diventando fondamentale per limitare il meno possibile la mobilità degli individui senza tuttavia esporre la società a ulteriori contagi. In questo contesto, una nuova sfida per l’intelligenza artificiale è il visual social distancing, ossia la misurazione automatica, a partire da una immagine acquisita da una videocamera o fotocamera, della distanza interpersonale con una caratterizzazione della relazione sociale. Il problema del visual social distancing è al centro dello studio condotto da un team di ricercatori dell’Istituto italiano di Tecnologia, dell’università di Verona e dell’università di Glasgow, insieme a Humatics, spin-off dell’ateneo scaligera specializzata in sistemi di machine learning.
Nella ricerca “The visual social distancing problem”, pubblicata nella rivista scientifica “IEEE Access”, per la prima volta è stata tracciata la strada che dovrà seguire la ricerca nel campo della vision computerizzata, per arrivare a strumenti in grado di supportare l’essere umano nel compito di monitorare il rispetto delle norme di distanziamento.
Sviluppare tecnologie in grado di supportarci nella comprensione delle dinamiche legate alla creazione di assembramenti o ai movimenti delle persone negli spazi pubblici e privati, per modificarli ad hoc e consentire il libero movimento dei cittadini, minimizzando i rischi sanitari, è diventato cruciale. In questa pubblicazione viene introdotto per la prima volta il problema del visual social distancing, quale misura fondamentale per il monitoraggio non invasivo e rispettoso della privacy ai fini del mantenimento del distanziamento sociale, e per la valutazione statistica del livello di rischio di aree specifiche, come ad esempio zone di imbarco degli aeroporti, casse dei supermercati, sportelli bancomat. Gli sforzi di ricerca saranno così indirizzati alla realizzazione di sistemi che sono in grado di comprendere il contesto sociale e la situazione specifica, e fornire uno strumento efficace per il mantenimento delle misure di distanziamento in grado di identificare solo le situazioni di potenziale pericoli senza creare falsi allarmi e rispettando la privacy dei cittadini.
“Il nostro studio evidenzia come non basti realizzare un sistema che misuri la distanza geometrica tra le persone” spiega Alessio Del Bue, ricercatore dell’Istituto italiano di Tecnologia e autore dello studio. “È fondamentale che la tecnologia di monitoraggio sia in grado di comprendere il contesto sociale e produca degli alert solo in caso di reale pericolo”.
“La distanza tra le persone potrebbe variare con parametri quali il grado di parentela, l’uso di dispostivi di protezione individuali – come mascherine, schermi o altro – ma anche nei casi di anziani o persone con disabilità che necessitano assistenza” afferma Marco Cristani, docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni al dipartimento di Informatica dell’ateneo di Verona e co-fondatore della spin-off Humatics, altro autore dello studio.
Nonostante possiedano una tassonomia abbastanza ampia relativa ai diversi tipi di assembramento, i sistemi di intelligenza artificiale utilizzati ad oggi per il monitoraggio dalla distanza sociale risultano ancora approssimativi quando lo scenario da monitorare è composto da numerose persone con relazioni sociali differenti.
Affrontando il problema tecnologico identificato per la prima volta da questa pubblicazione, in futuro si potranno avere tecnologie in grado di monitorare il distanziamento sociale in modo efficace e non invasivo, ma anche robot e sistemi basati sulla realtà aumentata o mixed reality più performanti, oltre a nuovi strumenti per lo studio di tutte quelle patologie umane che influenzano la distanza fisica e sociale tra gli individui, quali depressioni e disturbi comportamentali.