Un gruppo di ricerca dell’università di Verona, coordinato da Antonio Lasalvia, docente di psichiatria dell’università di Verona, inizierà a breve uno studio multicentrico con l’obiettivo di ridurre l’auto stigma e migliorare il recupero sociale delle persone con disturbi mentali.
In merito a questo progetto abbiamo intervistato Antonio Lasalvia, che ci ha spiegato come è nata l’idea di questo studio e le prospettive future per questo ambito di ricerca.
Il progetto nasce con l’obiettivo di contrastare gli stereotipi tra i pazienti che soffrono di disturbi mentali, secondo lei perché è importate promuovere ricerche di questo tipo?
Numerose ricerche condotte nella popolazione generale hanno da tempo rivelato la presenza di stereotipi negativi e pregiudizi nei confronti delle persone con disturbo mentale, ritenute ad esempio aggressive o violente, inaffidabili o non in grado di lavorare. Sebbene alcune persone con disturbo mentale possano reagire a questi stereotipi con indifferenza o con rabbia, numerosi pazienti finiscono per ritenere veri e legittimi questi pregiudizi, li interiorizzano e li attribuiscono a sé stessi, attraverso un processo denominato di auto-stigmatizzazione, che avvilisce la propria identità personale identificandola con quella di “ammalato inguaribile”.
Uno degli studi più ampi in questo campo ha stimato che il 40% delle persone con disturbi mentali gravi presenta un elevato livello di auto-stigma (Brohan et al., 2010). La letteratura scientifica ha evidenziato che l’auto-stigma rappresenta un ostacolo decisivo nei percorsi di guarigione delle persone con disturbi mentali gravi. I pazienti con elevati livelli di auto- stigma, infatti, manifestano mancanza di speranza, bassa autostima, scarso senso di autoefficacia, peggiore qualità di vita, più elevata gravità dei sintomi. La disperazione e la bassa autostima, a loro volta, aumentano il rischio di suicidio, restringono le possibilità di interazione sociale e riducono l’aderenza ai trattamenti (Yanos et al., 2021).
Questo studio è il primo del suo genere e non è mai stato implementato in Italia. Quali sono le ragioni che hanno portato l’università di Verona, attraverso il gruppo da lei coordinato, a decidere di sperimentare questo nuovo progetto e quali sono gli obiettivi di ricerca?
Negli Stati Uniti è stato sviluppato da parte di Yanos, Roe e Lysaker un intervento chiamato Narrative Enhancement and Cognitive Therapy (Nect), una terapia psicologico-riabilitativa di gruppo in 20 sessioni che aiuta i pazienti a riconoscere e a modificare le convinzioni stigmatizzanti. Studi internazionali hanno dimostrato l’efficacia di NECT nel migliorare l’auto-stigma e promuovere esiti positivi di recupero sociale. Nonostante la comprovata efficacia, l’applicazione di tali interventi in Italia rimane limitata a causa della mancanza di versioni del trattamento adatte allo specifico del nostro contesto nazionale.
In risposta a questo studio, il nostro gruppo di ricerca ha tradotto e adattato al contesto italiano il manuale americano, che è in uscita a breve per l’editore Fioriti di Roma con il titolo “Rinforzo Narrativo e Terapia Cognitiva per l’auto-stigma. Come lo sviluppo di una nuova narrazione di sé e la riformulazione di pensieri disfunzionali può contrastare l’auto-stigma nelle persone con malattia mentale”. Questo trattamento verrà testato all’interno di questo progetto multicentrico regionale a cui parteciperanno tutti i dipartimenti di Salute mentale del Veneto, insieme al dipartimento di Salute mentale dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari (APSS) di Trento e il Servizio psichiatrico della città di Bolzano.
In particolare, questo studio valuterà l’efficacia e la fattibilità della versione italiana di Nect, con l’obiettivo di integrarla nella routine clinica dei nostri servizi di salute mentale, migliorando la cura e i percorsi di recovery dei pazienti con gravi disturbi mentali. Inoltre, avrà l’obiettivo di aumentare le conoscenze sui trattamenti evidence-based da destinare ai pazienti con disturbi mentali gravati da elevato auto-stigma al fine di migliorarne gli esiti psicologici e sociali.
L’avvio di questo studio avrà luogo a breve. Quale sarà la fase iniziale del progetto?
Il primo step di questo progetto avrà luogo a Verona il 14 giugno. In questa occasione verrà presentata la ricerca e verrà condotta una giornata formativa sul trattamento NECT agli oltre cento professionisti dei servizi pubblici del Veneto, Trentino e Bolzano incaricati di realizzare questo trattamento innovativo nel proprio contesto assistenziale. Nell’occasione interverrà anche Philip Yanos, docente della City University of New York (CUNY), uno degli autori che ha messo a punto l’intervento. Il reclutamento inizierà, dopo l’estate, a metà settembre.
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