L’aggiornamento di Google Translate – con l’inserimento di veneto, friulano, lombardo, ligure, siciliano – è dei giorni scorsi, ma i primi test effettuati dal team di Alpilink, macroprogetto per la mappatura digitale dei dialetti del Nord Italia che vede come capofila l’università di Verona, non restituiscono un risultato confortante. La traduzione si basa sull’intelligenza artificiale e sul modello linguistico conversazionale Palm2 lanciato da Google, ma al momento le performance per quanto riguarda la traduzione dei dialetti non sono paragonabili a quelle delle altre lingue.
Putela e buteleta? Per Google Translate le parole dialettali utilizzate nel Veronese per indicare la parola ragazza significano rispettivamente avvolgere e burro. Va un po’ meglio con la traduzione di fiola, diffuso nel veneziano, che però viene tradotto solo come figlia senza l’accezione più ampia di ragazza. Quest’ultimo termine dall’italiano al veneto è tradotto solo come tosa, vocabolo utilizzato prevalentemente nel padovano, mentre in altre parti del territorio regionale sono diffuse altre forme come il bellunese mula, tradotto però dall’applicativo Google con viola. Secondo Translate nel dialetto lombardo si usa invece la stessa parola dell’italiano, mentre il traduttore dimentica completamente tosa, utilizzato nel milanese, o il bresciano s’céta. Per il friulano la parola indicata dall’applicativo è fantate, mentre non viene contemplato il termine frut, attestato a Tolmezzo, Paluzza, Moggio Udinese ed in altri comuni del territorio regionale.
I risultati dell’analisi realizzata dal team di ricerca sono stati raccolti in un report. Se i test con singole parole evidenziano dei problemi, non va meglio – con qualche eccezione – nella traduzione di frasi: tu dormi più di lui restituita da Google in veneto – ti te dormi più de lu – corrisponde al parlato di diverse aree del Veneziano e del Padovano, ma già spostandosi in altri territori delle stesse o di altre province del territorio regionale la traduzione sarebbe diversa, spaziando da ti te dormi piassè de lu a Bonavigo (Verona) a ti te dormi (de) pi de elo a Chioggia (Venezia), solo per fare alcuni esempi. In lombardo invece la stessa frase risulta come tu durmi püsee de lü. In realtà la forma verbale durmi in molti dialetti lombardi non esiste perché la desinenza della seconda persona singolare finisce in -t – dormet in questo caso. È se il pronome soggetto tu è espresso in italiano come in tu dormi più di lui i parlanti dei dialetti lombardi tendono a “sdoppiarlo” e la frase viene resa con due pronomi soggetto, un forte e uno clitico (debole), ad esempio ti te dormet püsee de lü a Milano o te ta dormet (de) più de lü a Brescia. Per il friulano il traduttore restituisce tu durmis plui di lui, una frase simile a quella veramente attestata nella Carnia a Paularo, ma non coglie il fatto che i parlanti tendono a “sdoppiare” il pronome soggetto e traducono l’italiano tu dormi più di lui con tu tu dormis plui di lui. Inoltre, nella maggior parte del Friuli il nucleo del verbo è –ua– e non –u-, ad esempio duarmis a Gemona.
«I casi che abbiamo raccolto mostrano come la recente introduzione di alcuni dialetti italiani nell’aggiornamento di Google Translate – spiega Stefan Rabanus, docente di linguistica tedesca del dipartimento di Lingue e letterature straniere e coordinatore scientifico di Alpilink -, pur rappresentando di per sé una buona notizia perché riconosce il valore dei dialetti e delle lingue minoritarie, sia soggetta a molti limiti. A differenza delle lingue nazionali, denominazioni come “veneto”, “lombardo” o “friulano” non fanno riferimento ad una lingua unitaria, ma ad una molteplicità di dialetti diversi presenti nello stesso territorio e questo rende ancor più vulnerabile il traduttore, che necessiterebbe di un corpus molto più ampio e diversificato e la possibilità di specificare il tipo di “veneto”, di “lombardo” o di “friulano” per non incorrere in falle ed errori»
Un altro limite è rappresentato dal fatto che, mentre per l’italiano Translate consente anche il riconoscimento vocale, nel caso del dialetto non è possibile ascoltare audio. Proprio sulla raccolta di contributi audio è basato invece il progetto Alpilink. Tutte le persone che parlano un dialetto possono partecipare direttamente alla ricerca attraverso il sito di Alpilink – alpilink.it – compilando in poco tempo l’audio-sondaggio dedicato in cui viene proposto all’utente di utilizzare il proprio dialetto o la propria lingua locale per descrivere cosa accade in una scena o per tradurre le parole o frasi indicate, tra cui il sopra citato tu dormi più di lui. Un modello di ricerca partecipativa, che punta sul coinvolgimento “dal basso” e che sta raccogliendo un notevole interesse.
«Un corpus significativo – spiega Rabanus – perché fra il progetto Alpilink e il progetto precedente Vinko sono già quasi 2500 le persone che hanno partecipato al progetto per un totale di circa 225 mila file audio. Un database open che abbiamo utilizzato anche per questa analisi dell’attendibilità dei risultati di Google Translate e che permette di cogliere appunto le diverse varietà di una stessa area dialettale, andando a verificare in modo puntuale, per ogni comune, i termini utilizzati con la possibilità di ascoltare direttamente gli audio. Un grande lavoro di mappatura che forse, in futuro, si potrà rivelare utile anche per allenare modelli di intelligenza artificiale e contribuire a superare i limiti attuali».
L’invito a contribuire al progetto attraverso il sito alpilink.it è aperto.
La Redazione