Concluso il ciclo di incontri ‘A lezione di tendenze’, organizzato dal corso di laurea in Scienze della comunicazione per raccontare agli studenti cosa significhi vivere una vita in musica. Per l’ultimo appuntamento al teatro Camploy a dialogare con i ragazzi prima del concerto c’erano i Marlene Kuntz, capitanati dal loro leader Cristiano Godano.
Gli esordi. Dopo una lunghissima gavetta, “5 anni di concerti super underground”, ha detto uno dei componenti della band, il gruppo è risultato tra i vincitori di ‘Rock targato Italia’, un concorso per band emergenti e artisti solisti che ha permesso loro di conoscere il guru dei talent scout dell’epoca, Gianni Maroccolo. “Riuscimmo a convincerlo, con delle sviolinate pazzesche, a co-pro durre un Ep, ovvero un disco in vinile contenente solo i nostri brani migliori e con il quale avremmo poi cercato di farci conoscere”. L’idea che i giovani musicisti avevano in mente era che, essendo tutti laureati, quello sarebbe stato il loro ultimo tentativo di sfondare nel mondo della musica. “Se non fosse andata bene – ha detto Cristiano Godano – avremmo lasciato perdere e saremmo diventati dei professionisti della media borghesia”.
Il boom. Eccome se andò bene. Una serie di coincidenze fortuite un giorno del 1989 porta Enrico Romani, talent scout dell’etichetta discografica Mca, a conoscere questo gruppo di giovani artisti che, nel frattempo, ha raggiunto l’assetto che ha oggi. Romani decide così di produrre il loro primo album, ‘Catartica’. Il disco, dalle sonorità molto dure che in seguito verranno progressivamente abbandonate, è supportato da un lunghissimo tour che porta i ragazzi a farsi conoscere in tutta Italia e, da un giorno all’altro, ecco il successo.
Il segreto del successo. “I Marlene funzionano – ha detto Godano – perché seguono le proprie inclinazioni. Un disco duro come ‘Catartica’ ora non potrebbe più funzionare. Sono cambiati i gusti del pubblico ma soprattutto siamo cambiati noi”. Emerge dalle sue parole che molti gruppi finiscono per disaffezionare i loro fan perché cadono nell’autocompiacimento. Se un giro di chitarra o qualche altro virtuosismo piace ai componenti, verrà riproposto fino allo sfinimento. Ed è molto probabile che non faccia impazzire altrettanto chi l’ascolta. Il risultato? Comprerà un altro disco, meno monotono. Il punto di forza dei Marlene, invece, è proprio la loro grande capacità di adattarsi al cambiamento dei tempi ed è anche quello che permette loro, a differenza della maggior parte dei gruppi del panorama underground, di vivere di musica.