Si è concluso il Consumer Electronics Show (Ces) 2025 di Las Vegas, una delle più importanti vetrine globali per l’innovazione tecnologica. Quest’anno, l’evento ha messo in risalto significativi progressi nel settore della “Digital Health”, con l’intelligenza artificiale al centro dell’attenzione. Tra i dispositivi presentati, spiccano una mano bionica con feedback sensoriale avanzato, un biosensore per il monitoraggio continuo del glucosio, uno stetoscopio wireless per la telemedicina e un robot-cucciolo progettato per supportare i pazienti affetti da Alzheimer.
Il futuro della medicina digitale appare promettente, e realtà come l’università di Verona giocano un ruolo fondamentale in questa rivoluzione. Per approfondire il tema, abbiamo intervistato Paolo Fiorini, ex-docente del dipartimento di Ingegneria per la medicina e l’innovazione dell’università di Verona.
1. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito medico è davvero una grande risorsa per il futuro?
L’intelligenza artificiale (IA) può essere considerata la pietra filosofale del XXI secolo: promettente e rivoluzionaria, ma altrettanto misteriosa. Tuttavia, per avidità o ignoranza, molti la presentano come una soluzione universale, generando false aspettative. Le attuali capacità di calcolo e i nuovi algoritmi di apprendimento automatico permettono di analizzare enormi quantità di dati e proporre soluzioni a problemi complessi.
Tuttavia, apprendere non equivale a comprendere. L’IA non “capisce” i concetti che elabora, ma li collega secondo schemi probabilistici. Questo la rende imperscrutabile e, in alcuni casi, inaffidabile, poiché “non sa di non sapere” e può generare risposte errate per problemi meno comuni.
In ambito medico, l’IA dovrebbe essere utilizzata per compiti specifici e ben definiti, come l’analisi delle immagini mediche, a condizione che sia adeguatamente addestrata. Ma con quali dati viene addestrata? La parzialità dei dati rappresenta un rischio significativo: se i dati di apprendimento non sono rappresentativi, l’affidabilità delle soluzioni proposte può essere gravemente compromessa.
2. Quanto all’accessibilità di questi dispositivi e tecnologie, qual è la sfida maggiore?
La sfida più grande è la sostenibilità, sia per quanto riguarda l’IA come strumento di consultazione, sia per i dispositivi medici che la utilizzano. Una rapida ricerca evidenzia che, nel solo gennaio 2023, il consumo energetico di Chatgpt è stato stimato in 23,4 GWh, pari al consumo mensile di 100.000 famiglie italiane. Questi livelli di consumo non sono sostenibili a lungo termine.
I dispositivi medici basati su IA affrontano ulteriori problematiche legate all’affidabilità e ai costi. L’affidabilità dipende strettamente dai dati di apprendimento: una macchina addestrata su dati relativi a una specifica popolazione può produrre diagnosi errate quando applicata a pazienti con caratteristiche diverse o a casi rari. Inoltre, i costi elevati limitano l’accesso a queste tecnologie per la maggior parte della popolazione mondiale. Ad esempio, a fronte di 310 milioni di interventi chirurgici eseguiti ogni anno nel mondo, meno di 3 milioni vengono effettuati con l’ausilio di robot chirurgici.
3. Univr come si posiziona rispetto alla ricerca tecnologica in questo ambito?
Negli ultimi anni, in risposta alle iniziative del Rettore Nocini, l’università di Verona ha compiuto notevoli passi avanti nel settore delle tecnologie per la medicina e la chirurgia. Nel 2021 è stato avviato il corso di laurea triennale interateneo in Ingegneria dei sistemi medicali, in collaborazione con le università di Trento e Modena-Reggio, che ha registrato un notevole interesse da parte degli studenti.
Nel 2023 sono stati attivati due corsi di laurea magistrale interateneo in Bioingegneria, con sedi rispettivamente a Trento e Modena-Reggio. Inoltre, l’università di Verona ha introdotto una specializzazione magistrale in Ingegneria per la salute, una laurea magistrale in Intelligenza artificiale e la laurea in Medicina e chirurgia ad indirizzo tecnologico, per formare medici con competenze ingegneristiche.
Dal punto di vista della ricerca, l’ateneo di Verona ha imboccato la strada giusta. Tuttavia, rimane ancora molto da fare per potenziare il trasferimento tecnologico e favorire la creazione di aziende in grado di trasformare i risultati della ricerca in prodotti medici innovativi.
Sara Mauroner