“La nostra è la civiltà dello scontro e con il conflitto dovremo fare i conti sempre di più”. Con queste parole Paola Di Nicola, direttrice del master in Mediazione familiare, ha aperto il convegno che si è tenuto il 10 febbraio al Polo Zanotto. Perché di questo si parlava, di conflitto. Difficoltà nelle relazioni con gli altri soprattutto nei rapporti coniugali. In che modo il divorzio ha influenzato il concetto di famiglia? Quali sono le aspettative dei giovani sul matrimonio? Queste alcune delle domande a cui si è cercato di rispondere spiegando l'importanza della mediazione familiare nel momento del conflitto. Una figura professionale, quella del mediatore, che aiuta a ricostruire i valori, analizza limiti e risorse della famiglia, crea un percorso di crescita e apprendimento. Bettina Campedelli, pro rettore dell'ateneo, ha affermato quanto sia importante il tema del conflitto perché è difficile mantenere un equilibrio nelle relazioni quando il mondo è in continuo cambiamento. Relatori del convegno nel corso della mattina sono stati Vittorio Cigoli, docente di Psicologia clinica all'università cattolica del Sacro cuore di Milano, e Aldo Mattucci, psichiatra-psicoterapeuta e presidente dell'Associazione italiana mediatori sistemici.
La famiglia e le aspettative di oggi. “Negli anni Settanta si parlava di una forte crisi della famiglia e invece sono passati quarant'anni e siamo ancora qua – ha spiegato Di Nicola – Questo vuol dire che se un'istituzione resiste nonostante la crisi allora non è stato compreso il cambiamento, lo sviluppo che ha avuto. La vera forza della famiglia sta nella sua capacità di adattamento. Con il mutare della società la famiglia riesce a cambiare forma, struttura e qualità relazionale. L'introduzione del divorzio ha messo in evidenza dei mutamenti che erano già in atto nei rapporti coniugali e la possibilità di sciogliere il matrimonio ha modificato le aspettative delle varie generazioni. I giovani di oggi ci pensano sempre più spesso prima di sposarsi. Nella società del rischio ci si assume le responsabilità delle proprie scelte, nel bene e nel male. I numeri parlano chiaro: dagli anni Settanta ad oggi la percentuale dei divorzi è aumentata dal 15% al 28%. Il conflitto è inevitabile e la cosa più difficile è riuscire a mantenere una relazione equilibrata con i figli in caso di separazione, soprattutto il rapporto con il padre.”
Il divorzio, sfida ai legami. “Tramite il divorzio e tutte le difficoltà che una separazione può portare, ci rendiamo conto di quanto il bene sia fragile – ha spiegato Cigoli – E la fragilità del bene, nel momento del divorzio, sta nei figli. L'attenzione non deve andare al bambino in quanto individuo, ma al figlio in quanto insieme di relazioni da tenere in vita. Nel conflitto è necessario promuovere la famiglia, fare in modo che le persone anche nelle difficoltà abbiano delle possibilità di accesso. Il problema infatti non è il conflitto, ma come viene gestito. Dobbiamo capire che i legami sono eterni, nel senso che le relazioni che instauriamo con gli altri sono parte di noi, ci accompagnano anche al di là della nostra vita, ci costituiscono. Il divorzio rappresenta proprio una sfida a questi legami e l'unico modo per non farsi annientare dal dolore è sperare in qualcosa. La speranza ci tiene in vita. E in cosa si può sperare? Nelle generazioni future. Speriamo nei nostri figli. Se non speriamo non riusciremo a reagire al dolore. Ed è qui che interviene la mediazione familiare per dare un aiuto dove non sembra esserci più alcun tipo di speranza, un'occasione di crescita e apprendimento per far capire che nelle relazioni le persone non sono semplici individui, sono molto di più.”
I compiti del mediatore familiare. “Il conflitto è assolutamente normale nei rapporti umani perché esistono tanti punti di vista, una pluralità di pensiero – ha dichiarato Mattucci – Il pericolo si inserisce nelle modalità inadeguate di gestire il conflitto. Se le discordanze vengono riconosciute e accolte allora il conflitto si può risolvere mentre la rigidità darà luogo soltanto ad una marcata ostilità. I professionisti che operano nella mediazione familiare devono prima di tutto creare chiarezza e sono coinvolti in due aspetti: personale e professionale. L'incontro tra la coppia e il mediatore deve svolgersi in un contesto ben definito cercando di chiarire fin da subito quali sono gli obiettivi da raggiungere. La dimensione del conflitto non potrà mai sparire del tutto ma si può ridurre la sua portata trasformandola in una fonte di risorse. Bisogna salvaguardare il valore simbolico dei legami e accettare il conflitto nelle sue modalità di espressione. Compito del mediatore è quello di creare il giusto “setting” che consente di ricostruire il legame valorizzandone le differenze anziché appiattirle. Fondamentale è esporsi al rischio, perché se non lo si fa si cade nella chiusura, in una vita senza alcuna intensità. Per aiutare una coppia che si sta separando bisogna riconoscere il trauma che ha colpito i coniugi e riscoprire i contenuti della famiglia ampliandoli. L'effetto del divorzio sui figli è da non sottovalutare: è importantissimo che il figlio possa esprimere la sua sofferenza perché altrimenti si ripresenterà nel futuro con problematiche sempre maggiori.”