Vincenzo Bronte, direttore della sezione di Immunologia dell’ateneo e coordinatore del progetto di ricerca “Conoscerlo per sconfiggerlo, alleanza contro Covid-19 (Enact)”, finanziato da Fondazione Cariverona, con un ulteriore contributo da parte di Fondazione Tim, è stato intervistato sul quotidiano Repubblica riguardo la possibilità che la vitamina D sia utile alle persone più a rischio di contagio da Covid-19 o di complicanze.
“Come mai prima d’ora stiamo assistendo a un moltiplicarsi di teorie sulla possibile utilità di vari farmaci, non solo la vitamina D, con e senza razionale scientifico”, spiega Bronte. “Questo grande interesse è certamente importante, ma le regole della comunità scientifica per utilizzare un farmaco restano le stesse, anche in questa circostanza. Prima di dire che una sostanza è utile per le complicanze da Coronavirus bisogna che sia dimostrato in uno studio clinico. Al momento di questi studi non ce ne sono”.
L’attenzione, ora, è infatti sull’utilizzo di farmaci come antinfiammatori, antivirali e un vecchio farmaco contro la malaria, la clorochina, e si stanno avviando diversi studi randomizzati per stabilire efficacia, dosaggi, indicazioni. Le applicazioni di altri farmaci di supporto rimangono per adesso ipotesi.
“Conosciamo alcuni degli effetti della vitamina D sul sistema immunitario e sappiamo per esempio che ha sicuramente un’azione nella cute, dove viene prodotta”, prosegue Bronte, “in questo distretto aiuta a mantenere le funzioni del sistema immunitario. Come ormone, può poi influire su diverse popolazioni linfocitarie, ma gli studi che hanno provato l’effetto della vitamina D sull’immunità sono pochi, e infatti non vi è ad oggi alcuna indicazione per usare questo farmaco come immunomodulante. Nei pazienti stiamo osservando alterazioni di molti parametri del sangue, non solo della vitamina D, ma è anche difficile stabilire se erano presenti prima del declino generale delle funzionalità o se ne sono una conseguenza. E’ vero”, conclude, “che si dice spesso che visto che la vitamina D non fa male, tanto vale darla. Ma soprattutto in questo frangente di emergenza bisogna davvero essere cauti con le informazioni”.